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Ae n.241, ottobre 2021

Riduzione dello spreco alimentare: i “gasisti” insegnano.

Le famiglie “consapevoli” aderenti ai Gruppi di acquisto sono di gran lunga più virtuose. Un modello prezioso per la cittadinanza

Tra i tanti sprechi che caratterizzano la nostra epoca, lo spreco alimentare è il meno accettabile. Buttare via cibo in scadenza oppure “brutto” ancora utilizzabile è già uno scandalo, ma a tal riguardo qualche piccolo intervento è già stato realizzato (ad esempio, sono ormai numerose le iniziative commerciali che si occupano di prodotti in scadenze o “brutti”, contenendo lo spreco attraverso iniziative di distribuzione molto innovative). Ciò che invece finora è risultato difficile contrastare è lo spreco alimentare dentro le mura domestiche, dove la responsabilità è interamente in capo alle famiglie. Secondo l’ultima rilevazione “Waste watcher international observatory 2021-Università di Bologna-Last minut market su dati Ipsos” (sprecozero.it) condotta dall’Università di Bologna, lo spreco alimentare nelle case degli italiani continua a essere rilevante, nonostante la maggiore attenzione registrata durante i confinamenti dovuti alla pandemia: annualmente, vengono buttati 27 chilogrammi pro capite di cibo commestibile. A ciò si aggiunge l’eccedenza di produzione che tuttavia già da diversi anni è oggetto di attenzione da parte delle istituzioni pubbliche nazionali e subnazionali. Che fare per contenere, se non proprio eliminare, lo spreco familiare che costituisce una buona parte dello spreco totale? Le principali politiche nazionali ed europee si sono concentrate sulla gestione delle eccedenze, che non tocca in modo diretto il contenimento dello spreco domestico. Una recente ricerca condotta dalla Fondazione Romagnosi di Pavia, coordinata da Claudia Giordano dell’Università di Bologna e svolta in collaborazione con Monica Lazzarini, Simone Piras e Sabrina Spaghi, mostra come le famiglie “consapevoli” (facenti parte di Gruppi di acquisto solidale -Gas- o attive nel circuito dell’economia solidale) sprecano fino al 50% in meno delle famiglie standard. Un dato di grande interesse che mostra quanto, oltre alla gestione delle eccedenze, molto si possa fare in termini di scelte di acquisto e di consumo in linea con le reali necessità delle famiglie. Le famiglie “virtuose” identificate nella ricerca sprecano poco più di 500 grammi alla settimana, mentre la media italiana è superiore al chilogrammo.

50%

La riduzione dello spreco alimentare da parte delle famiglie consapevoli -facenti parte di Gruppi di acquisto solidale o attive nel circuito dell’economia solidale- rispetto alle famiglie tradizionali.

Come rendere le famiglie italiane “consapevoli”? Risulta difficilmente ipotizzabile che tutte le famiglie italiane all’improvviso entrino in un Gas; tuttavia, un modo per incrementare la consapevolezza anti-spreco è moltiplicare i momenti di formazione della cittadinanza con l’obiettivo di migliorare la capacità di programmazione della spesa e diffondere maggiore conoscenza in relazione alla lettura delle etichette (ad esempio distinguere chiaramente tra le diverse diciture: “da consumarsi preferibilmente entro” e “da consumarsi entro”). Si tratta di piccole attenzioni; eppure, se insegnate e comprese a vari livelli (innanzitutto dalle scuole) possono determinare una svolta nella lotta allo spreco alimentare, a partire da quello familiare. Infatti, l’educazione al consumo consapevole passa anche da un’educazione mirata che finora ha ottenuto solo un’attenzione sporadica a livello scolastico. Avviare brevi percorsi formativi per rendere i cittadini consapevoli -giovani e meno giovani- è il modo migliore per ridurre drasticamente lo spreco alimentare domestico e contribuire concretamente alla lotta al cambiamento climatico e alla salvaguardia dell’ambiente.

Questo articolo è stato scritto da Paolo Graziano per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.

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