Ae n.230, ottobre 2020

 

“Viva la patrimoniale”, la ripresa parte da lì.

Dall’aumento del prelievo fiscale sul 10% più ricco può derivare un gettito di 117 miliardi di euro. I cittadini sono d’accordo. I partiti?

La crisi pandemica ha già attivato una drammatica sfida per la tenuta della coesione sociale: come far fronte al contemporaneo incremento di rischi e bisogni sociali da un lato, e alla contrazione delle risorse economiche disponibili dall’altro? In Italia, tale sfida è resa ancor più severa da una serie di considerazioni circa l’intensità della crisi nel nostro Paese e le condizioni di contesto.
Circa l’intensità della crisi, si richiedono infatti maggiori risorse pubbliche nel welfare per due ragioni: in primo luogo per contrastare le ricadute sociali della fase pandemica, specie in un Paese in cui non si sono ancora completamente rimarginati i drammatici effetti della Grande recessione 2008-14 e che, unico Paese insieme alla Grecia, ha subito una contrazione del Pil pro capite tra il 2001 e il 2019. In secondo luogo perché dopo un trentennio dominato da ricette neoliberiste di tagli alla spesa, la pandemia ha rivelato una serie di nervi scoperti del sistema di welfare italiano, alcuni noti da tempo -ad esempio i servizi alla prima infanzia- altri meno evidenti -come il sistema sanitario- che richiedono la messa in atto di provvedimenti robusti e inderogabili. Dove reperire, però, le risorse in un Paese in stagnazione economica da due decenni con difficili condizioni di finanza pubblica, perlomeno con riferimento al livello del debito, e un elevato prelievo su lavoro e capitale?
Considerando che la ricchezza complessiva (finanziaria e immobiliare) delle famiglie italiane si attestava a 9.700 miliardi di euro nel 2017 -oltre cinque volte il Pil, uno dei più elevati rapporti ricchezza/reddito prodotto al mondo- e che tale ricchezza è estremamente concentrata, per cui il 10% più ricco detiene il 55% del totale (vedi Acciari, Alvaredo e Morelli, 2019), si potrebbe immaginare un prelievo straordinario
sulla ricchezza che vada a gravare maggiormente sulle fasce più abbienti. Si obietterà immediatamente: è politicamente insostenibile, gli italiani sono contrari alla patrimoniale, come viene solitamente chiamato tale prelievo. Ma è proprio vero questo ritornello secondo cui gli italiani sono contrari a un aumento del prelievo fiscale?

75%

La quota di italiani favorevoli a un prelievo straordinario dell’1% sulle famiglie con ricchezza superiore a un milione di euro

 

Un recente sondaggio commissionato da OCIS alla SWG ha chiesto agli italiani se “sarebbero favorevoli all’introduzione di un contributo straordinario di solidarietà nazionale pari al 5% della ricchezza soltanto per il 10% più ricco per finanziare interventi volti a rafforzare i sistemi sanitario, di contrasto alla povertà e pensionistico”. Ben il 29,4% degli intervistati si è detto “molto favorevole”, il 30,7% “abbastanza favorevole”, per un totale di persone a favore di oltre il 60% (60,2%).
Questi dati sono importanti perché da una simile imposta si può prevedere un gettito attorno ai 117 miliardi di euro, oltre tre volte ciò che potrebbe essere messo a disposizione con il Meccanismo Europeo di Stabilità di cui si discute, una cifra che consentirebbe di aggredire alcune delle debolezze di medio lungo periodo del welfare state italiano. La quota di favorevoli, peraltro, sale al 61% ipotizzando un prelievo del 10% sull’1% più ricco, e addirittura al 75% nel caso di prelievo dell’1% soltanto sulle famiglie con ricchezza superiore a un milione di euro. Si può davvero continuare a ripetere “Abbasso la patrimoniale”?

Questo articolo è stato scritto da Matteo Jessoula e Paolo Graziano per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.

 

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