Ae n.222, gennaio 2020
Appalti verdi: le buone prassi che vengono dal Sud.
Decisivo il coinvolgimento delle amministrazioni pubbliche locali, che possono far molto in tema di acquisti e criteri ambientali
L’ambiente è sempre più spesso parte integrante dei discorsi pubblici di politici nazionali e organizzazioni internazionali. Le politiche “verdi”, però, scarseggiano. Un banco di prova importante per la verifica dell’attenzione pubblica nei confronti dell’ambiente è il rispetto della normativa sui criteri ambientali minimi introdotti in Italia a partire dal 2013. Tali criteri riguardano l’approvvigionamento da parte della pubblica amministrazione di diversi prodotti quali stampanti, apparecchiature multifunzione, prodotti elettrici, arredi per interni, gestione dei rifiuti urbani, illuminazione pubblica. L’Osservatorio Appalti Verdi (nato dalla collaborazione tra Legambiente e la Fondazione Ecosistemi) ha presentato nell’ottobre del 2019 il suo ultimo rapporto dedicato al monitoraggio dello stato di attuazione dei criteri ambientali minimi (CAM). Lo studio è stato realizzato a partire dalle risposte a un questionario ad hoc, e il campione è rappresentato da 734 comuni (coinvolti nel progetto “Comuni Ricicloni”), 88 comuni capoluogo e 52 parchi e aree marine protette.
Un primo elemento di rilievo riguarda la provenienza regionale delle risposte. Se in media solo il 9,9% delle amministrazioni pubbliche ha risposto al questionario, in alcune regioni il tasso di risposta è stato molto più elevato: ad esempio in Veneto, 28,4% e in Trentino-Alto-Adige, 26%. In Umbria e in Sicilia, invece, il tasso di risposta è stato solo del 4%.
9,9%
La quota delle amministrazioni pubbliche, analizzate dall’Osservatorio Appalti Verdi, che ha risposto al questionario sull’applicazione dei criteri ambientali minimi
L’analisi di dettaglio può offrire spunti preliminari su cui riflettere. A parte la gestione dei rifiuti, per tutte le categorie merceologiche il Nord non spicca per sensibilità ambientale. Sono invece i comuni del Mezzogiorno a essere più solerti nell’applicazione dei criteri minimi ambientali, in particolare con riferimento agli acquisti di carta, delle cartucce toner e delle stampanti. Un altro risultato di rilievo riguarda la generale scarsa applicazione dei criteri ambientali minimi nell’edilizia, nei servizi energetici, nei servizi di pulizia e negli acquisti di divise e calzature. Pur con la già notata prevalenza di sensibilità ambientale nel Mezzogiorno, complessivamente tutte le realtà censite paiono essere deficitarie in tali ambiti.
Dalla somministrazione del questionario ai soli capoluoghi di provincia non emergono risultati molto diversi. Si sottolinea, tuttavia, la necessità di formazione. Infatti, nei tre anni precedenti (2017-2019) la somministrazione del questionario, il 48,9% dei comuni non ha formato il personale. E il 15,9% non ha risposto alla domanda, forse perché le amministrazioni non avrebbero gradito far notare l’assenza di formazione del personale. Nella lotta al degrado ambientale tutti gli attori pubblici e privati sono chiamati a fornire il loro contributo ma le amministrazioni pubbliche locali sono soggetti particolarmente rilevanti. E ciò non solo perché possono costituire un buon esempio per cittadine, cittadini e imprese, bensì anche, e soprattutto, perché muovono risorse ingenti. Per tali ragioni è necessario migliorare le loro capacità attuative e la creazione di una Scuola di formazione ambientale per le amministrazioni pubbliche (SFAP) potrebbe facilitare il rispetto dei criteri ambientali minimi e rafforzarne il monitoraggio e la diffusione.
Questo articolo è stato scritto da Paolo Graziano per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.
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