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NOTA n.2 – Marzo 2021 – Di Francesco Corti, Università degli studi di Milano e Centre for European Policy Studies (CEPS)

Con lo scoppio della crisi pandemica, gli Stati membri dell’Unione europea hanno messo in campo diversi strumenti per il sostegno all’occupazione, dai tradizionali schemi di cassa integrazione a nuovi meccanismi di sostegno al reddito per i lavoratori autonomi e i lavoratori atipici. L’Unione europea ha sostenuto tale sforzo finanziario messo in campo dai governi nazionali attraverso la creazione di uno strumento di assistenza finanziaria per un totale di 100 miliardi di Euro da distribuire sotto forma di prestiti ai paesi che ne fanno richiesta. Ad oggi, 16 Stati membri hanno ottenuto il supporto finanziario dall’Ue per un totale di circa 90 miliardi di Euro. Nonostante il potenziale innovativo e il successo dell’iniziativa, SURE rimane al momento un meccanismo soltanto temporaneo. Ciò significa che, non appena la pandemia sarà finita, SURE terminerà. In altre parole, nel (malaugurato) caso di un’altra crisi economica e sociale, in cui gli Stati membri devono fare affidamento sull’attivazione di schemi di lavoro a tempo ridotto – come la cassa integrazione in Italia – l’Ue non avrà (ancora) gli strumenti per fornire un supporto immediato ai paesi in stato di necessità.

Lo scopo di questo contributo è duplice. Da un lato, investigare le ragioni economiche del successo di SURE. Quali sono gli stati che beneficiano di SURE e quali sono i vantaggi che questo strumento comporta? Il secondo obiettivo del contributo consiste nell’avanzare una proposta per rendere SURE un meccanismo permanente.

 

Il successo degli schemi di cassa integrazione durante la crisi pandemica e l’introduzione di SURE

Gli schemi di cassa integrazione (anche detti ‘regimi di riduzione dell’orario lavorativo’) si sono dimostrati uno degli strumenti principali adottati dagli Stati membri dell’Unione Europea in risposta alla crisi sociale e occupazionale indotta dallo scoppio della pandemia Covid-19 (vedi Corti e Madama 2020; Corti 2020). Già a inizio maggio, quasi 42 milioni di lavoratori – pari al 26,8% dei lavoratori dipendenti dell’UE – avevano presentato domanda per avere accesso a questi programmi, superando di gran lunga il numero totale di lavoratori che sono stati coperti durante la crisi del 2008/2009 (Müller e Schulten 2020; Arpaia e al. 2010). Ad esempio, come riportato dall’INPS, se tra il 2008 e il 2009 in Italia erano state autorizzate 1.141 milioni di ore di cassa integrazione, soltanto tra marzo e settembre 2020 sono state autorizzate 3.058 milioni di ore, per un totale di circa 6.5 milioni beneficiari. Il successo degli schemi di cassa integrazione si lega indubbiamente alla migliore preparazione degli stati membri rispetto al passato: allo scoppio della Grande Recessione, solo 12 Stati membri avevano in atto regimi di riduzione dell’orario lavorativo, mentre quando è iniziata la crisi del Covid-19, quasi tutti gli Stati membri (ad eccezione di Cipro, Estonia, Grecia, Malta e Svezia) disponevano già di questi strumenti. A ciò si aggiunga che, non appena è esplosa la pandemia, gli Stati membri hanno deciso di modificare il disegno istituzionale di questi programmi al fine di aumentare la copertura e rendere più rapido l’accesso – ad esempio allentando i criteri di eleggibilità e/o estendendone la durata.

La crisi Covid-19, tuttavia, non ha registrato soltanto il successo degli schemi tradizionali di cassa integrazione. A partire da marzo, sono stati infatti introdotti nuovi strumenti per garantire un sostegno al reddito per i lavoratori autonomi e i lavoratori atipici. Ad esempio, l’Italia ha introdotto un’indennità di 600 euro per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti e misure per i lavoratori del settore dello spettacolo, quelli del settore agricolo, i collaboratori sportivi, i lavoratori a chiamata e i lavoratori domestici. Similmente, in Spagna un assegno di circa 660 euro al mese è stato introdotto per i lavoratori autonomi registrati nel RETA (Régimen Especial de Trabajadores Autónomos) mentre nei Paesi Bassi è stata creata una misura temporanea di transizione per i lavoratori autonomi (TOZO) per fornire sostegno al reddito, fino a un massimo di 1.500 euro (netti).

Sul piano finanziario, la spesa sostenuta dagli stati membri per queste misure è particolarmente elevata – tra l’1% e il 4% del PIL. In Italia, ad esempio, l’incidenza di bilancio della spesa per la cassa integrazione e le misure di sostegno al reddito per partite IVA e lavoratori atipici è stata di quasi l’1,5% del PIL per il 2020, in Francia l’1,4%, in Spagna il 2,6%, nei Paesi Bassi il 3,3% (IFI 2020). L’improvviso aumento della spesa pubblicaper il mantenimento dell’occupazione ha colpito in modo asimmetrico gli Stati membri, entrati in pandemia con posizioni differenti in termini di vulnerabilità finanziaria – tra cui figurano paesi, come l’Italia, fortemente indebitati, con bassi tassi di crescita e con minori margini fiscali per affrontare la crisi; e altri, come i Paesi Bassi, con tassi di indebitamento inferiori, per i quali le spese impreviste sono state gestite senza troppi problemi.

In questo scenario, il 1° aprile 2020 la Commissione europea ha proposto la creazione di un nuovo programma di Sostegno temporaneo per mitigare i rischi di disoccupazione in caso di emergenza (SURE) con lo scopo di fornire assistenza finanziaria temporanea ai paesi – attraverso prestiti fino a un massimo di 100 miliardi di euro, sostenuto da un sistema di garanzie degli Stati membri al bilancio dell’Unione, che rappresentano il 25% dei prestiti concessi – per far fronte agli aumenti di spesa pubblica per il finanziamento degli strumenti di supporto all’occupazione, come ad esempio i programmi di cassa integrazione o misure simili di supporto al reddito per i lavoratori autonomi e gli atipici. La procedura per ricevere assistenza finanziaria non è automatica e prevede due fasi. In primo luogo, lo Stato membro richiede l’attivazione dello strumento SURE alla Commissione. Una volta verificata la conformità della richiesta con gli obiettivi del fondo, la Commissione presenta una proposta di accordo sull’assistenza finanziaria, che il Consiglio approva formalmente a maggioranza qualificata.

Entrato in vigore il 1° giugno 2020, SURE ha riscosso immediatamente un notevole successo, con 17 stati membri che hanno chiesto il supporto già tra luglio e agosto. Dopo un breve passaggio al Consiglio europeo per l’approvazione dei piani di sostegno agli stati membri, il 20 ottobre la Commissione ha emesso le prime due obbligazioni, rispettivamente da 10 miliardi di Euro con scadenza 2030 e da 7 miliardi con scadenza 2040, a titolo di SURE, riscuotendo una reazione positiva degli investitori – con la domanda che ha superato di tredici volte l’offerta. Il 24 novembre una terza obbligazione è stata emessa per un totale di 8.5 miliardi di euro con scadenza 2035. Infine, il 27 gennaio 2021 la quarta obbligazione è stata emessa per un totale di 14 miliardi di Euro, di cui 10 con scadenza di pagamento fissata per giugno 2028 e 4 per novembre 2050.

 

SURE come strumento redistributivo intra-UE

Il 24 agosto la Commissione europea ha presentato al Consiglio proposte per la concessione di un sostegno finanziario di 87.31 miliardi di Euro a 16 Stati membri nell’ambito dello strumento SURE, ritenendo adeguate tutte le richieste avanzate dagli Stati membri per sostenere l’aumento effettivo e previsto della spesa pubblica per i programmi di lavoro a tempo ridotto a causa della crisi pandemica. Il 26 ottobre, la Commissione ha inoltre accolto la richiesta di aiuto da parte dell’Ungheria per 504 milioni di Euro e il 16 novembre quella dell’Irlanda per 2.5 miliardi. Non tutti gli Stati membri hanno richiesto un prestito pari all’importo complessivo dell’aumento di spesa pubblica per gli schemi di cassa integrazione e le misure di supporto al reddito: alcuni di essi hanno annunciato che intendono finanziare parte dell’aumento di spesa tramite fondi UE o con finanziamento proprio. Tuttavia, come emerge dalla figura 1, il prestito SURE coprirà la quasi totalità della spesa degli Stati membri per il sostegno all’occupazione, mentre la parte restante sarà in larga misura coperta da altri fondi europei.

Figure 1. Spesa pubblica per misure di supporto all’occupazione, disaggregata per tipo di finanziamento

Fonte: Elaborazione sulla base dei dati forniti dalla Commissione europea e dalle Decisioni del Consiglio (2020)

Inoltre, la figura 1 mostra nitidamente come SURE presenti una robusta componente (re-) distributiva all’interno dell’Unione, con due gruppi di paesi che risultano beneficiari dello strumento: quelli dell’Europa meridionale e Centro-orientale, oltre all’Irlanda.

Sul piano economico, questa non è una sorpresa. Infatti, se guardiamo all’interesse dei governi a ricevere un prestito dalla Commissione piuttosto che contrarre prestiti sul mercato dei capitali, possiamo perlopiù spiegare la decisione di tutti gli Stati membri con un elevato debito pubblico. I paesi altamente indebitati pagano un premio sostanziale, il che rende il prestito SURE interessante dal punto di vista economico poiché i governi possono aspettarsi costi di finanziamento inferiori rispetto a se dovessero aumentare il loro debito pubblico nazionale.

Un esempio al riguardo è proprio quello italiano. I bond decennali SURE sono collocati a un tasso di interesse negativo pari a -0,24%, quelli ventennali a un tasso dello 0,13%, mentre i tassi dei BTP italiani sono molto più elevati: 0,72% a dieci anni, 1,25% per quelli a venti anni. Ipotizzando che i tassi di interessi restino invariati per l’intero periodo del finanziamento e che le obbligazioni emesse dalla Commissione restino ugualmente ripartite (60% a dieci anni, 40% a venti anni), il risparmio cumulato in termini di minori tassi di interesse per l’Italia ammonterebbe a circa 4,36 miliardi di Euro.

Ciò detto, un’ulteriore attrattiva del finanziamento SURE è che avrà una scadenza media fino a 15 anni. Questo tipo di scadenza sarebbe difficile da raggiungere per i piccoli paesi, che potrebbero non avere emissioni obbligazionarie in circolazione oltre la scadenza standard di 10 anni. Questo spiega perché i prestiti SURE sono interessanti non solo per i paesi con un debito pubblico elevato (come Italia, Grecia, Spagna e Belgio), ma anche per quelli con un piccolo mercato del debito locale che, pur con un rapporto debito PIL basso, hanno chiesto un sostegno SURE (ad esempio Bulgaria, Estonia, Croazia, Cipro, Lettonia, Lituania, Malta, Slovacchia, Polonia e Romania).

 

SURE da strumento temporaneo a meccanismo permanente

La natura marcatamente redistributiva a livello territoriale di SURE avrebbe potuto implicare un’elevata tensione politica tra stati membri[1]. Ciononostante, il processo di adozione di SURE non è stato caratterizzato da particolari tensioni politiche e – fatta eccezione per una limitata opposizione della Finlandia proprio sull’articolo 13 – SURE ha riscosso unanime consenso. Certamente, il fatto che lo strumento sia basato su prestiti, e non trasferimenti, ha facilitato l’accordo tra gli Stati membri. Un secondo aspetto che rende SURE politicamente più appetibile riguarda l’attivazione non automatica del sostegno europeo, e quindi il passaggio dalla Commissione e dal Consiglio di ogni decisione relativa alla concessione del prestito.

A dispetto delle virtù di SURE, tanto sotto il profilo economico quanto politico, esso rimane al momento un meccanismo soltanto temporaneo. Dal punto di vista giuridico, infatti, si basa sull’articolo 122, paragrafo 2, del TFUE[2], che consente all’Unione europea di fornire, “in uno spirito di solidarietà”, assistenza finanziaria temporanea agli Stati membri in difficoltà a causa di circostanze eccezionali al di fuori del loro controllo. Al fine di rendere SURE uno strumento permanente, da poter utilizzare in caso di un’altra crisi, una proposta potrebbe essere quella di creare uno strumento speciale, ai sensi dell’articolo 175, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea[3].

L’articolo 175 TFUE rappresenta la base giuridica dei fondi strutturali europei. Il paragrafo 3 precisa che “se specifiche azioni si rivelano necessarie al di fuori dei Fondi, possono essere adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio che deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato del Regioni”. Due esempi di strumenti esistenti legalmente basati su questo articolo sono il Fondo europeo di solidarietà e il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. In entrambi i casi si tratta di programmi da attivare solo in circostanze eccezionali, come catastrofi naturali gravi o licenziamenti di lavoratori di grandi dimensioni a seguito di importanti cambiamenti strutturali nei modelli di commercio mondiale dovuti alla globalizzazione o crisi economiche. Sia nel caso del Fondo europeo di solidarietà sia del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, trattandosi di risorse di emergenza, il bilancio viene stabilito all’inizio del Quadro Finanziario Pluriennale attraverso l’accordo tra gli stati membri su un massimo di spesa annuo al di fuori dei massimali del bilancio stesso, attivabile in caso di necessità.

Un esempio per comprendere la fattibilità di SURE come meccanismo di stabilizzazione permanente all’interno del QFP è la Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti (FESI)[4], proposta dalla Commissione Juncker nel 2018, e tuttavia mai adottata da Consiglio e Parlamento UE. La FESI comprendeva due componenti principali, quali i) prestito e ii) trasferimenti. La prima funzione riguardava proprio la possibilità per la Commissione di offrire prestiti fino a 30 miliardi di Euro a paesi per rilanciare gli investimenti pubblici dopo uno shock economico. La seconda funzione consisteva nel coprire gli interessi sui prestiti medesimi attraverso la creazione di un fondo europeo finanziato con risorse proprie. Rispetto alla FESI, SURE nella concezione attuale presenta alcune innovazioni che dovrebbero essere mantenute: un maggior volume di prestiti (100 miliardi di Euro), un obiettivo meglio definito (schemi di lavoro a tempo ridotto e misure simili), nessuna condizionalità macroeconomica collegata all’accesso al prestito. Naturalmente, la creazione di uno strumento SURE permanente nel bilancio europeo comporterebbe un aumento dei tetti massimi di indebitamento dell’UE definiti dal Regolamento sulle risorse proprie (regolamento 407/2010). Per ovviare a questo limite, l’attuale regolamento di SURE prevede – come detto sopra – che siano gli Stati membri a dare le proprie garanzie al bilancio dell’Unione, per un importo totale che rappresenta il 25% dei prestiti concessi. Se incorporato nel QFP, SURE non farà più affidamento sulle garanzie esterne degli Stati membri. Pertanto, dovrebbe essere previsto un aumento del massimale delle risorse proprie. Questo non dovrebbe essere politicamente intrattabile, se si considera come anche nel caso di Next Generation EU[5] i tetti massimi del regolamento 407/2010 sono stati temporaneamente modificati.

Così disegnato, uno strumento SURE permanente potrebbe essere politicamente e praticamente fattibile. A tal proposito, la Commissione ha già espresso l’intenzione di basarsi su SURE per proporre uno strumento permanente e il Parlamento europeo da tempo sostiene una capacità di stabilizzazione basata sui prestiti nell’ambito del QFP[6]. Ora che anche gli Stati membri, Italia in primis, hanno iniziato a beneficiare di questo strumento, il terreno sembra fertile per un’ambiziosa proposta politica che renda l’Europa ancora più solida(le) e unita.

 

[1] A tale proposito non va dimenticato che l’articolo 13 del regolamento di SURE precisa che se uno Stato membro non è in grado di onorare, in tutto o in parte, l’attivazione a tempo debito delle garanzie irrevocabili, incondizionate e su richiesta che si è impegnato a garantire alla Commissione stessa, quest’ultima, al fine di coprire la parte corrispondente allo Stato membro in questione, ha il diritto di procedere ad attivazioni aggiuntive di garanzie presso altri Stati membri.

[2] Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

[3] Una prima elaborazione di questa proposta è stata avanzata da Alcidi e Corti (2020).

[4] Si veda: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52018PC0387

[5] Si veda: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=COM:2020:456:FIN.

[6] Si veda: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-8-2017-0038_EN.html

 

Per saperne di più:

Alcidi, C. e Corti, F. (2020) From temporary facility to permanent instrument, CEPS In Brief, Disponibile qui: https://www.ceps.eu/sure/.

Arpaia, A., Curci, N., Meyermans, E., Peschner, J. e Pierini F. (2010) Short time working arrangements as response to cyclical fluctuations. DG ECFIN Occasional paper. Disponibile qui: https://ec.europa.eu/economy_finance/publications/occasional_paper/2010/pdf/ocp64_en.pdf.

Corti, F. e Crespy, A. (2020) . (2020) SURE: A quick fix to be welcomed, in search for long-term solutions, FEPS COVID Response Papers No.2. Disponibile qui: https://www.feps-europe.eu/attachments/publications/feps%20corps%20two%20corti%20crespy.pdf.

Corti, F. e Madama, I. (2020) L’Europa sociale alla prova del COVID-19: verso nuove politiche sociali e del lavoro? Quaderni della Coesione Sociale 3/2020, Disponibile qui: https://osservatoriocoesionesociale.eu/wp-content/uploads/2020/07/Quaderno-collettivo-COVID.pdf.

Giupponi, G. e Landais, C. (2020). Building effective short-time work schemes for the COVID-19 crisis, VoxEU, 1 April.

Fernandes, S. e Vandenbroucke, F. (2020) A welcome lynchpin for European Unemployment Re-Insurance, Jacques Delors Working Paper. Disponibile qui: https://institutdelors.eu/wp-content/uploads/2020/08/PP251_SURE_Fernandes-Vandenbrouck_200417_EN-1.pdf.

Müller, T. e Schulten, T. (2020) Ensuring fair short-time work – a European overview, ETUI Policy Brief. Disponibile qui: https://www.etui.org/sites/default/files/2020-06/Covid-19%2BShort-time%2Bwork%2BM%C3%BCller%2BSchulten%2BPolicy%2BBrief%2B2020.07%281%29.pdf.

 

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