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NOTA n.3 – Aprile 2022 – Di Francesca Forno, Università di Trento e OCIS, e Paolo Graziano, Università di Padova e OCIS

A partire dal 2018 l’Osservatorio per la Coesione e l’Inclusione Sociale ha avviato un’indagine biennale sul consumo responsabile in Italia. Il 2 febbraio 2022 la società SWG ha effettuato la terza rilevazionecon un campione di 1200 cittadini italiani maggiorenni con quote proporzionali alla distribuzione della popolazione per genere, classi d’età e zona di residenza. L’indagine relativa al 2022 è particolarmente significativa per due ragioni: in primo luogo, è stata effettuata a vent’anni di distanza dal rapporto Iref[1] del 2002, la prima ricerca italiana che ha posto l’attenzione su questo fenomeno; in secondo luogo, fotografa dopo due anni di pandemia le pratiche di consumo responsabile in Italia. L’ultima rilevazione (2020) aveva infatti di poco preceduto l’inizio dell’emergenza sanitaria[2]. Questa Nota fornisce una prima lettura dei principali dati emersi dall’indagine che ci permettono di osservare l’evoluzione del consumo responsabile in un arco temporale di vent’anni e di capire come gli eventi degli ultimi due anni abbiano influito sulla propensione degli italiani ad adottare modalità di acquisto e consumo più attente alle tematiche ambientali e sociali.

Così come evidenziava la Nota 5/2020, anche la rilevazione del 2022 conferma che il consumo responsabile in Italia è una pratica ormai consolidata. Le persone intervistate che dichiarano di adottare scelte di consumo responsabile rimane pressoché invariato (Figura 1): 62,6%, dato di poco superiore al 2020 (62,3%) e di poco inferiore al 2018 (63,4%). Una tendenza chiara, dunque, che sottolinea come nell’ultimo ventennio i consumatori responsabili siano più che raddoppiati rispetto al quanto registrato dal rapporto Iref del 2002 (28,5%).

Figura 1: Percentuale di consumatori responsabili in Italia dal 2002 al 2022 (%).

Fonte: Sondaggio OCIS-SWG, 2 febbraio 2022; 7 febbraio 2020; 9 febbraio 2018; Iref, Ottavo rapporto sull’associazionismo italiano, 2002.

Complessivamente, dunque, nel corso degli ultimi sei anni non ci sono stati cambiamenti significativi; tuttavia, osservando più da vicino i risultati relativi alle varie forme di consumo responsabile emergono alcune differenze di rilievo (Figura 2). In primo luogo, mentre si segnala un’ulteriore crescita percentuale (32,7% nel 2022) di chi afferma di aver acquistato beni e servizi da imprese responsabili che rispettano il divieto di sfruttare il lavoro minorile, non inquinano l’ambiente e devolvono una parte di surplus a fini di beneficenza, si registra una lieve contrazione rispetto al 2020 di coloro che dichiarano di aver effettuato acquisti nel circuito del commercio equo e solidale (COMES): infatti, mentre nel 2018 il 37,3% del campione aveva acquistato presso un punto vendita del commercio equo e solidale, nel 2020 la percentuale scendeva al 33,8%, per ridursi ulteriormente al 33,5% nel 2022. Inoltre, in calo rispetto al 2020 anche la percentuale di chi dichiara di aver optato per modalità di viaggio responsabile: dal 9,4% registrato nel 2020, all’8% del 2022. Anche la quota di chi fa la spesa tramite un gruppo di acquisto solidale (GAS) registra un netto calo, passando dal 12,3% del 2020 – circa 800.000 persone in più rispetto al 2018 – all’8,6% del 2022. Rimane,  infine, pressoché invariato il numero di persone che adottano scelte di consumo ispirate al principio della sobrietà – 51,8% nel 2020 rispetto al 52% del 2022 –, confermando una mutazione significativa dei comportamenti di acquisto verso forme economiche ispirate al risparmio responsabile: nel 2002, infatti, solo il 10,5% faceva attenzione al consumo energetico e alla produzione di rifiuti.

Figura 2. Percentuale di persone che adottano scelte di consumo responsabile, 2002-2020 (%).

Fonte: Sondaggio OCIS-SWG, 2 febbraio 2022; 7 febbraio 2020; 9 febbraio 2018; Iref, Ottavo rapporto sull’associazionismo italiano, 2002.

Un altro dato di grande interesse riguarda il grado di conoscenza delle varie forme di consumo responsabile (Tabella 1). Nella Nota 5/2020 si osservava una notevole crescita del livello di conoscenza delle diverse forme di consumo responsabile durante il biennio 2018-2020 e si ipotizzava che ciò fosse il riflesso dell’aumento dell’attenzione mediatica sui temi ambientali, in parte collegabile al cosiddetto “effetto Greta” (le numerose manifestazioni del movimento Friday for Future nel periodo 2018-2020) e dalle numerose iniziative connesse all’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. La percentuale di chi nel 2020 dichiarava di non aver adottato nei 12 mesi precedenti comportamenti di consumo o di spesa responsabile per mancanza di conoscenza era infatti scesa, per il consumo critico, dal 54% (2018) al 42,4% (2020), e per il commercio equo e solidale dal 36,8% (2018) al 33,9% (2020). Anche le scelte di consumo ispirate alla sobrietà, il turismo responsabile e i gruppi di acquisto solidale risultavano sempre più conosciute. La diminuzione    della percentuale di persone che dichiaravano di non conoscere i gruppi di acquisto solidale, che passa dal 60,4% del 2018 al 47,5% del 2020, era stata collegata alla moltiplicazione e visibilità delle cosiddette reti alternative di cibo, diffusesi negli ultimi anni in tutto il territorio nazionale. Una tendenza, tuttavia, che nel 2022 sembra essersi attenuata e per alcune forme – in particolare per i GAS – addirittura invertita.

 

Tabella 1. Grado di conoscenza delle diverse forme di consumo responsabile: 2018-2022 (%).

Fonte: Sondaggio OCIS-SWG, 2 febbraio 2022; 7 febbraio 2020; 9 febbraio 2018; Iref, Ottavo rapporto sull’associazionismo italiano, 2002.

 

Se per quanto riguarda il consumo critico, così come per i comportamenti di consumo orientati verso forme economiche ispirate al principio di sobrietà, la percentuale fotografata dall’ultimo sondaggio (2022) resta pressoché invariata, è evidente come nel caso del COMES, del turismo responsabile e della spesa tramite i gruppi di acquisto solidale, la quota di chi dichiara di non aver adottato questi comportamenti di spesa e consumo per mancanza di conoscenza sia aumentata considerevolmente.  Tale indicatore potrebbe riflettere, in tempi di pandemia, la difficoltà dei soggetti della società civile che promuovono forme di consumo responsabile collettivo (in particolare il COMES e i GAS).

Inoltre, rimane elevata anche la quota di chi, pur conoscendo, non dimostra interesse verso il consumo responsabile, confermando quindi la polarizzazione rilevata nel 2020 tra cittadini-consumatori “responsabili” (circa il 60% della popolazione maggiorenne) e cittadini-consumatori “indifferenti” (circa il 40% della popolazione maggiorenne) che, pur essendo informati, dichiarano  di non essere interessati a pratiche di consumo sostenibile.

Infine, nel 2022 il consumo responsabile registra un lievissimo aumento in termini assoluti, ma rispetto al 2020 cala la percentuale di chi adopera tutta la gamma di pratiche identificate nel questionario (Figura 3): nel 2020 era aumentati coloro che adottavano tutta la gamma di pratiche di consumo responsabile, evidenziando come stesse aumentando la componente della popolazione che considera il consumo responsabile come un vero e proprio  stile di vita, i due anni di pandemia sembrano aver rallentato tale processo.

Figura 3. Percentuale di consumatori per numero (1, 2, 3, 4, 5) di forme di consumo responsabile, 2002-2022.

Fonte: Sondaggio OCIS-SWG, 2 febbraio 2022; 7 febbraio 2020; 9 febbraio 2018; Iref, Ottavo rapporto sull’associazionismo italiano, 2002.

 

I dati presentati in questa Nota offrono lo spunto per alcune considerazioni. In primo luogo, il consumo responsabile in Italia si conferma una pratica consolidata: non è più possibile leggere i risultati del 2018 come un’eccezione. La tendenza è chiara: circa due terzi della popolazione italiana adotta pratiche di consumo responsabile, più del doppio rispetto al 2002. Ciò conferma come negli ultimi vent’anni un crescente numero di persone abbia compreso che le scelte di acquisto e di consumo siano di fondamentale importanza per la sostenibilità, sia sotto il profilo ambientale (tutela dell’ambiente), sia sotto il profilo sociale (tutela dei diritti e del benessere delle persone).

Inoltre, la pandemia pare aver posto ostacoli alla traduzione delle diverse pratiche di consumo responsabile in veri e propri stili di vita: le persone che adottano forme plurime di tali pratiche è diminuita. Come si è detto, tale dato può essere letto almeno in parte come una diretta conseguenza delle difficoltà nell’azione dei gruppi del consumo critico organizzato durante l’emergenza sanitaria. Infine, sembra confermarsi una sorta di polarizzazione nelle pratiche di consumo giacché rimane elevata la quota di consumatori “indifferenti”.

I dati mostrano molto chiaramente che affinché il consumo responsabile cresca ulteriormente deve diffondersi in modo ancora più consistente la consapevolezza dell’urgenza di un’azione comune. L’indagine 2022 evidenzia come sia ancora elevata la percentuale di chi non adotta pratiche di consumo responsabile perché non le conosce. Pertanto, sotto questo profilo, molto ancora si può fare, come ad esempio rafforzare le reti tra i soggetti che promuovono il consumo responsabile e intensificare la collaborazione tra le organizzazioni della società civile attive in questo campo e i centri di ricerca, le scuole e le università.

Tuttavia, informare e sensibilizzare non è sufficiente se non vengono contemporaneamente create adeguate infrastrutture per rendere maggiormente praticabile il consumo responsabile. A tal riguardo, di centrale importanza appare il ruolo delle istituzioni, a partire dalle amministrazioni locali: ad esempio, i Comuni potrebbero attivarsi per ridurre l’eccedenza di cibo da esercizi commerciali, facilitando così una maggiore responsabilità nel consumo. Inoltre, essi potrebbero individuare appropriati strumenti di sostegno per la produzione e il commercio locale attraverso la creazione di farmers’ markets, comunità di supporto all’agricoltura, l’attivazione di food hubs locali fisici e virtuali o, ancora, sostenendo al proprio interno e nei vari servizi gli acquisti ecosostenibili di cibo e di altri beni. Infine, di particolare rilievo potrebbe anche essere il Terzo settore sia nella creazione di servizi verdi, sia nello svolgimento di un ruolo di volano per l’economia locale, ‘contaminando’ in modo virtuoso le realtà tradizionali di mercato.

Il contesto attuale richiede una forte presa di coscienza rispetto agli scenari, alle poste in gioco e alla comprensione che, da sole, la consapevolezza e l’azione individuale non sono sufficienti, e non è sufficiente nemmeno la sola azione dei movimenti: è vieppiù indispensabile la consapevolezza e l’azione delle istituzioni, a partire da quelle più vicine alle cittadine e ai cittadini.

 

Per saperne di più:

Francesca Forno e Paolo Graziano, Il consumo responsabile in Italia. Rapporto 2018, Quaderno della Coesione Sociale/Social Cohesion Paper No. 3, Osservatorio per la Coesione e l’Inclusione Sociale, Reggio Emilia.

Francesca Forno e Paolo Graziano, Il consumo responsabile in Italia. I primi dati dell’indagine 2020. Nota 5/2020, Osservatorio per la Coesione e l’Inclusione Sociale, Reggio Emilia.

Francesca Forno e Paolo Graziano, Il consumo critico, Bologna, Il Mulino, 2016.

 

[1] Istituto di Ricerche Educative e Formative, https://irefricerche.acli.it/

[2] Data di rilevazione: 7 febbraio 2020 (si veda la Nota 5/2020 di OCIS)

[3] Il dato riportato fa riferimento alla percentuale di coloro che hanno risposto di aver adottato (anche solo temporaneamente) almeno uno dei comportamenti di consumo/spesa suggeriti nel questionario.

[4]  https://unric.org/it/agenda-2030/

 

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