Ae n.203, aprile 2018
Secondo un sondaggio svolto da SWG, la centralità del welfare pubblico è patrimonio condiviso. Nonostante gli “imperativi” elettorali.
Trainata dalle campagne mediatiche e dalle priorità politiche dei due partiti risultati vincitori (M5s, Lega) la campagna elettorale si è concentrata sui temi della sicurezza, declinata sia come ordine pubblico rispetto alla presunta (benché non supportata dai dati, si veda la Social Cohesion Note di Francesca Campomori) “invasione” di migranti, sia come sicurezza “sociale”. Quasi nessuno spazio hanno avuto, invece, i temi dell’ecologia e della sostenibilità ambientale.
Ma come la pensano e, in particolare, come concepiscono il “progresso” gli italiani? Un recente sondaggio svolto dalla SWG per conto dell’Osservatorio per l’Inclusione e la Coesione sociale e che verrà presentato a Reggio Emilia in occasione del Festival della Coesione Sociale (Social Cohesion Days, 24-26 maggio) conferma che per la maggioranza degli italiani (56%) il progresso deve essere principalmente valutato secondo criteri sociali (welfare), quali riduzione del tasso di povertà, disoccupazione, ecc.. Poco meno di un italiano su cinque è invece d’accordo con l’idea tradizionale che il progresso sia sostanzialmente una questione di crescita economica (18%), mentre soltanto il 14% collega il progresso alla tutela dell’ambiente nelle sue diverse forme, conservazione del suolo, lotta all’inquinamento, tra le altre.
Titolo di studio, condizione economica e sesso non incidono significativamente su questi atteggiamenti, mentre la rilevanza dei temi sociali aumenta nelle regioni centrali del Paese (66%), tra i giovani 18-24 anni (64%) e nella fascia 55-64 anni (67%). Analogamente, il progresso ambientale è più rilevante nelle regioni di Nord-Ovest (17%), e nelle fasce d’età adulte 45-54 (19%) e anziane oltre i 64 anni (18%). Più marcate risultano invece le differenze se incrociamo questi dati con le preferenze politiche: mentre per coloro che si definiscono “di sinistra” welfare (79%) e ambiente (8%) sono decisivi per valutare il progresso (rispettivamente 68% e 14% nel “centro-sinistra”), per ben il 32% degli individui di “centro-destra” il progresso è sostanzialmente economico, e una quota superiore alla media (18%) considera il progresso in termini ambientali. “Al centro” dello spettro politico, infine, le posizioni sono più articolate: il 39% ritiene prioritario il progresso sociale, il 28% quello economico e il 22% il progresso ambientale.
Per con queste differenze, il progresso come welfare è preminente in tutte le aree politiche. Ma quali devono essere gli attori chiave nel fornire protezione e sicurezza sociale? Gli italiani paiono avere le idee chiare: per l’82% è lo Stato a dover svolgere un ruolo da protagonista. Al proposito, è interessante notare come lo Stato debba rimanere l’attore principale per un’ampia maggioranza di intervistati indipendentemente dalla collocazione politica: per il 72% degli individui che si collocano “a destra”, l’80% nel centro-destra, il 74% “al centro”, l’87% nel “centro-sinistra” e il 92% “a sinistra”. Inoltre, va notato che una quota molto residuale ritiene che il mercato debba svolgere un ruolo centrale nella tutela contro i rischi sociali e, inaspettatamente, tale convinzione pare essere trasversale rispetto al posizionamento politico, con tassi che variano dal 3% all’8% dalla sinistra al centro-destra. E, come prevedibile, “a destra” e “al centro” la famiglia è preferita al mercato come erogatrice di welfare rispettivamente dal 17% e 19% degli intervistati.
Questo articolo è stato scritto da Paolo Graziano e Matteo Jessoula per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.
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