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Dai primi anni Duemila in Europa sono state censite 1.300 esperienze di bilancio partecipativo: rafforzano la coesione sociale.

 

La crisi della democrazia rappresentativa è nei numeri: i partiti perdono iscritti, è sempre inferiore il numero di cittadini che partecipano ai processi elettorali e la fiducia nelle istituzioni -a qualsiasi livello- è ai minimi storici.

Che fare per invertire la tendenza? Nel corso degli ultimi 35 anni si sono diffusi nuovi strumenti di democrazia partecipativa. Secondo una recente pubblicazione del Parlamento europeo (2016), dopo i primi esperimenti avviati in Brasile intorno alla fine degli anni Ottanta, il numero delle esperienze di bilanci partecipativi è cresciuto esponenzialmente in tutto il mondo.

In America Latina si stima oggi che vi siano oltre un migliaio di casi, mentre a livello europeo si sono sviluppate circa 1.300 esperienze a partire dai primi anni 2000, coinvolgendo in totale oltre 8 milioni di cittadini.

Tra le grandi città, Parigi ha avviato un’esperienza di bilancio partecipativo nel 2014, quest’anno giunta alla terza edizione, mettendo sul piatto il 5% (circa 500 milioni di euro nel 2016) della quota del bilancio comunale dedicata agli investimenti.

Anche in Italia le esperienze di bilancio partecipativo si sono moltiplicate: ad esempio, nel 2015 si è tenuto il primo (e ultimo?) bilancio partecipativo della città di Milano, mentre nel 2016 -tra gli altri- sono stati lanciati i bilanci partecipativi nei comuni di Vicenza e Pavia, che in questi giorni si trova proprio alle battute finali.

Nel nostro Paese il bilancio partecipativo è una procedura che consente ai cittadini di decidere come destinare una quota variabile tra lo 0,5% e il 2% circa del bilancio comunale: il Comune di Pavia ha deciso di destinare 300mila euro all’anno (per tre anni) al bilancio partecipativo, e nel corso degli ultimi mesi i cittadini hanno preso parte in modo attivo alle varie fasi del processo.

Sono arrivate quasi 250 proposte alla giunta, proposte, poi riviste in laboratori di co-progettazione e ridotte a 20, presentate e discusse il 28 ottobre 2016 in una gremita (oltre 150 persone presenti) Sala delle Colonne del Broletto. All’inizio del mese di dicembre verranno resi noti i progetti più votati, ma è già chiaro che i temi di maggiore interesse per i cittadini riguardano l’ambiente, la cultura, la viabilità e la sicurezza stradale.

Risultati a parte, il bilancio partecipativo è particolarmente importante per almeno tre motivi: primo, incentiva la partecipazione dei cittadini in un momento storico caratterizzato da una ridotta partecipazione politica tradizionale; secondo, attraverso il confronto e la discussione dei progetti, genera cooperazione e fiducia reciproca tra i cittadini che si “riappropriano” delle politiche della propria città; terzo, rafforza la fiducia nei confronti delle istituzioni locali, mostrando come la democrazia non si esaurisca nel momento elettorale ma sia una pratica quotidiana di condivisione e scelte consapevoli.

In altri termini, i bilanci partecipativi non sono solo modi per accrescere la qualità della democrazia ma anche per rafforzare la coesione sociale all’interno dei territori di riferimento. 

Questo articolo è stato scritto da Paolo Graziano per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.

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