Ae n.252, novembre 2022

L’accoglienza diffusa degli ucraini impantanata nella burocrazia

Il bando della Protezione civile metteva a disposizione 17mila posti, cinque mesi dopo quelli attivati sono appena poche centinaia

Dal 24 febbraio 2022 il conflitto in Ucraina ha costretto più di 13 milioni di persone a lasciare il Paese, secondo le stime dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). A fine ottobre 2022 erano 171.146 i cittadini ucraini che hanno raggiunto l’Italia (di cui 158.850 hanno presentato domanda di protezione temporanea) e in larga maggioranza hanno trovato una sistemazione presso parenti già residenti nel nostro Paese. Per far fronte all’accoglienza, fin dalle prime settimane è stato previsto un ampliamento del Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) e dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas). Poiché l’effettiva messa a disposizione di nuovi posti richiede tempo, il governo ha incaricato la Protezione civile di emanare un avviso di manifestazione di interesse rivolto agli enti del Terzo settore per trovare 15mila posti in accoglienza diffusa. Di questi, circa ottomila sarebbero stati occupati da chi era stato temporaneamente ospitato in strutture alberghiere. La messa a punto del bando ha attivato un virtuoso processo di co-progettazione con gli enti del Terzo settore che compongono il Tavolo asilo e immigrazione e il Forum del Terzo settore, con l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) e altri soggetti pubblici. Da più parti si auspicava che questo potesse essere il preludio a un nuovo modello di accoglienza; il seguito non è stato in linea con le premesse. Il mondo del privato sociale ha risposto generosamente all’appello: sono state valutate positivamente 29 proposte per un totale di 17.012 posti immediatamente disponibili tra appartamenti indipendenti o in condivisione e accoglienza in famiglia; con standard qualitativi offerti simili a quelli del Sai. A metà maggio, dopo uno sforzo organizzativo ingente per gli enti del Terzo settore -che in meno di due settimane hanno dovuto trovare spazi, famiglie disponibili e ottenere una lettera di adesione formale da parte dei Comuni di riferimento- tutto era pronto per firmare le convenzioni e avviare le accoglienze. Ed è a questo punto che il processo si è inceppato. Per poter firmare le convenzioni è stata richiesta una corposa documentazione, non solo agli enti capofila ma anche ai singoli partner. Inoltre, su forte sollecitazione di Anci, si è resa necessaria la firma di accordi di partenariato con tutti i Comuni su cui insistevano le accoglienze.

171.146

Sono i cittadini ucraini che hanno raggiunto l’Italia dopo
l’invasione del Paese da parte della Russia, il 24 febbraio
2022.

Se la macchina organizzativa degli enti pubblici non brilla per fluidità in situazioni ordinarie, le elezioni amministrative di giugno hanno allungato i tempi, complice anche lo scarso coinvolgimento dei Comuni nella prima fase. Le prime convenzioni sono state firmate il 4 agosto e a oggi solo dieci delle 29 previste sono state finalizzate (5.493 posti in totale). Le accoglienze effettivamente avviate sono ancora meno (poche centinaia) e con tutta probabilità solo una esigua minoranza dei posti offerti si trasformerà in ospitalità reali: la convenzione, infatti, termina il 31 dicembre 2022 e non si sa che cosa accadrà dopo. Diverse famiglie ucraine accolte in albergo sono ora restie a trasferirsi e il Terzo settore fatica a trovare conferme nella disponibilità di accoglienza, ora che l’emotività dell’inizio del conflitto sta scemando. La procedura messa in campo tutelava la trasparenza dei processi, ma -come ha sottolineato Oliviero Forti della Caritas italiana- in emergenza si deve  rispondere con strumenti flessibili per rendere fluidi i processi. Rimane la sensazione che la montagna abbia partorito il topolino.

Questo articolo è stato scritto da Matteo Bassoli e Francesca Campomori per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.

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