Ae n.272, luglio-agosto 2024

L’Europa a destra e il destino della transizione.

Gli equilibri a Bruxelles sono cambiati. Il nuovo Parlamento e la nuova Commissione saranno più tiepidi su clima e ambiente. La dimensione sociale è centrale

Il nuovo Parlamento europeo ha virato a destra. Tra i vincitori delle elezioni vi sono, infatti, molti dei partiti che compongono i due gruppi collocati alla destra dell’emiciclo: i Conservatori e riformisti europei (Ecr), la cui delegazione più numerosa è quella di Fratelli d’Italia, e Identità e democrazia (Id), guidata dal Rassemblement National di Marine Le Pen. Sommando i loro voti a quelli del gruppo del Partito popolare europeo (Ppe), con l’aggiunta di altri partiti “di area” -almeno temporaneamente relegati tra i “non-allineati” o senza una collocazione- circa la metà del Parlamento è rappresentata da gruppi o partiti di (centro)destra. Quali implicazioni possono avere i nuovi equilibri parlamentari sulle politiche relative alla transizione ecologica? La Commissione guidata da Ursula von der Leyen aveva assunto un forte impegno per politiche europee a contrasto del cambiamento climatico, descritto come “il compito che definisce la nostra generazione”. A partire dall’adozione del Green Deal europeo si sono susseguite importanti iniziative per realizzare la transizione verde, perseguita attraverso un mix di interventi legislativi, incentivi fiscali e investimenti.
Nel suo programma elettorale, però, von der Leyen ha parzialmente cambiato linea, sottolineando come la lotta al cambiamento climatico non possa diventare “una nuova ideologia”. Inoltre, nei dibattiti pre-elettorali, pur avendo fissato paletti imprescindibili come la posizione europeista, la salvaguardia dello stato di diritto e il sostegno all’Ucraina, la spitzenkandidat non ha escluso la possibilità di alleanze con alcuni partiti della destra radicale. Sulla transizione verde la posizione di questi ultimi è chiara: per Ecr deve essere fondamentalmente rivisitata, mentre l’opposizione di Id è netta. Quale futuro, dunque, per la transizione verde?
Una prima risposta a questa domanda arriva dall’analisi del comportamento di voto nella precedente legislatura. A partire dal Green Deal sino al voto sul Fondo sociale per il clima, si osserva l’occorrenza di varie coalizioni. Una coalizione ristretta ai gruppi che hanno sostenuto sin da principio von der Leyen (Ppe con S&D e Renew Europe) si riscontra solo in riferimento al voto sulla legge europea sul clima. La stessa maggioranza, allargata ai Verdi, ha caratterizzato il voto sul Green Deal. Una coalizione tendente a sinistra, in cui la maggioranza del gruppo Ppe si è astenuta, si è formata nel voto sulla comunicazione “Un’Europa sociale forte per la transizione ecologica”. Il voto sul Fondo sociale per il clima ha avuto invece un’ampia maggioranza, con l’opposizione di Id e l’astensione di Ecr (ma il voto favorevole di Fratelli d’Italia). Infine, il fondo per una transizione giusta ha registrato consensi quasi unanimi. Questi ultimi casi meritano un breve approfondimento. Il Fondo per una transizione giusta fornisce un supporto concreto -circa 50 miliardi di euro in sette anni- ai territori più vulnerabili agli impatti della transizione, in particolare quelli caratterizzati da un’economia fortemente basata sui combustibili fossili. Il Fondo sociale per il clima destina invece 65 miliardi di euro per finanziare interventi di compensazione per i consumatori a basso reddito e per le piccole aziende. Entrambi hanno quindi finalità eminentemente redistributive, a favore di quei territori e attori che sostengono i maggiori costi economici e sociali della transizione ecologica. Le politiche per la transizione verde hanno dunque avuto il sostegno di maggioranze mutevoli, ora più spostate a sinistra, ora ricomprendenti anche la destra radicale. I diversi equilibri nel nuovo Parlamento -oltre che, forse, una diversa maggioranza a sostegno della Commissione- potrebbero portare a posizioni più tiepide e/o a coalizioni più ristrette a favore della transizione verde. Tuttavia la dimensione sociale appare dirimente: quando vi sono risorse per compensare i “perdenti”, allora il consenso ricomprende anche i partiti di destra.

 

Questo articolo è stato scritto da Edoardo Bressanelli, Ivan Galligani e David Natali per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.

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