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Cinquanta milioni di famiglie beneficiano ogni anno di una politica di inclusione sociale universalistica gestita dal basso.

 

Non di rado le politiche sociali -seppure ben disegnate- non riescono a produrre gli effetti desiderati. E ciò vale indistintamente per i Paesi del Nord e del Sud del mondo. E talvolta alcune esperienze del Sud del mondo sono particolarmente di successo -come per il bilancio partecipativo, di cui si è scritto nel numero di dicembre di Altreconomia-. Il caso del Mahatma Gandhi National Rural Employment and Guarantee Act (MGNREGA), in India, è un esempio di indubbio successo. Il MGNREGA è una politica di tutela del reddito agricolo che è stato valutato molto positivamente da esperti di tutto il mondo, Banca Mondiale inclusa, in virtù della sua capacità di generare reddito e far uscire dalla povertà estrema milioni di cittadine e cittadini indiani.

La politica prevede che vengano offerte concrete opportunità di lavoro a chiunque ne faccia richiesta, fino ad un massimo di 100 giorni lavorativi su base annua. Viste le dimensioni demografiche dell’India, si tratta della più imponente misura di “attivazione sociale e lavorativa” al mondo.

Lo Stato offre opportunità di “lavori socialmente utili” (quali ad esempio la costruzione e il mantenimento di infrastrutture) che possano essere di beneficio sia per lavoratori non qualificati sia per le comunità rurali nel loro complesso. Le ragioni del successo del MGNREGA, in un Paese in cui circa il 70% della popolazione (800 milioni su un totale di 1,3 miliardi circa) vive in ambito rurale, sono quattro. In primo luogo, si tratta di una politica universalistica: all’interno di ogni nucleo familiare (solo una persona per famiglia può farne richiesta), tutti i soggetti risiedenti nelle zone rurali dell’India possono chiedere di partecipare -su base annua, circa 50 milioni di famiglie, cioè circa 230 milioni di persone (oltre il 25% della popolazione rurale indiana)-.

In secondo luogo, è una politica gestita ‘dal basso’ e cioè dai Gram Panchayats -autonomie rurali locali- che sono state coinvolte attivamente nella gestione delle risorse allocate da parte del governo federale.

Inoltre, è una politica in cui spesso le lavoratrici e i lavoratori possono scegliere il tipo di lavoro in cui impegnarsi -e ciò determina una maggiore responsabilizzazione complessiva, in aggiunta ad una maggiore soddisfazione individuale-. Infine, il carattere continuativo dell’intervento: è una politica con oltre dieci anni di vita, che neppure l’attuale presidente Narendra Modi (di un partito diverso da quello che ha sostenuto l’adozione del MGNREGA) è riuscito a smantellare.

Certo, non mancano le critiche da parte di chi ha denunciato forme di corruzione e di cattiva gestione delle risorse, ma nel complesso il giudizio non può che essere largamente positivo.

In effetti, un’analisi ancora più puntuale dell’attuazione del programma nei vari Stati indiani lascia emergere delle differenze attuative di grande interesse: la politica è stata più efficace laddove più forte è la tradizione di politiche sociali particolarmente inclusive e maggiore è sviluppo di coesione sociale, come in Kerala e in Tamil Nadu (India del Sud). In altri termini, anche nella democrazia indiana, la più popolosa al mondo, la coesione sociale è un fattore determinante di uno sviluppo economico inclusivo, e consente alle politiche di inclusione lavorativa e sociale di essere particolarmente efficaci.

 

Questo articolo è stato scritto da Paolo Graziano per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.

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