Ae n.228, luglio – agosto 2020
Nuove forme di redistribuzione di reddito dal basso.
A Pavia un gruppo di cittadini ha deciso di tassarsi per aiutare chi è in difficoltà e superare la lentezza delle istituzioni. L’interesse è di tutti
In questi mesi il dibattito intorno al reperimento di risorse da utilizzare per contrastare le disastrose conseguenze economiche della pandemia è stato inizialmente monopolizzato dalla dicotomia “MES sì-MES no”, per poi trasformarsi in un’attesa quasi messianica: l’attesa del Recovery Fund. Pochi commentatori hanno ipotizzato un prelievo straordinario che potesse essere rapidamente utilizzato per sostenere la ripresa economica, ispirandosi a principi di giustizia sociale e solidarietà reale. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha escluso a più riprese il ricorso alla cosiddetta “patrimoniale”, e anche l’ex premier che anni fa introdusse un’imposta straordinaria per l’Europa (Romano Prodi) l’ha escluso categoricamente. A onor del vero, le ragioni secondo le quali la “patrimoniale” sia da escludere non sono state chiaramente esplicitate. La cosiddetta patrimoniale è un vero e proprio tabù. In Italia in particolar modo e non in Germania, ad esempio. Sia come sia, sebbene nel corso degli ultimi anni della necessità di imposte sulla ricchezza e di maggiore progressività fiscale abbia anche parlato il Fondo monetario internazionale, il governo italiano ha scelto di andare in altre direzioni che implicano l’intervento europeo (i cui costi politici sono ancora tutti da considerare) e un incremento sostanzioso del debito pubblico. Nel mentre la società civile, soprattutto a livello locale, si organizza per sopperire alla mancanza di iniziativa governativa. Ad esempio, a Pavia qualcosa si sta muovendo. La società civile a livello locale ha cominciato ad attivarsi e, su base volontaria, a realizzare ciò che il governo non ha intenzione di promuovere per via legislativa. L’iniziativa “Nessuno di salva da solo” è partita da cittadine e cittadini pavesi che, sentendosi meno vulnerabili economicamente grazie alle tutele offerte da prestazioni pensionistiche o da redditi da lavoro dipendente a tempo indeterminato, hanno deciso di erogare un contributo mensile continuativo (almeno per sei mesi) pari ad una percentuale del proprio reddito. Idealmente, una quota del 5%. Secondo i soggetti proponenti, “Nessuno si salva da solo vuole essere un’iniziativa di solidarietà concreta e continuativa su un periodo medio-lungo: si propone a chi gode di un reddito permanente garantito (tipicamente lavoratori dipendenti e pensionati) di devolvere una quota del proprio stipendio/pensione -indicativamente il 5% mensile per almeno sei mesi, o comunque una percentuale fissa per un periodo di tempo continuativo- a beneficio di chi si trova in incertezza e precarietà lavorative ed economica. […] I fondi […] andranno a sostenere persone e famiglie in difficoltà”.
5%
La quota del reddito lordo da devolvere a chi è in stato di necessità secondo l’iniziativa “Nessuno si salva da solo”, ideata dalla società civile di Pavia
Il principio ispiratore dell’iniziativa pavese sembra ricalcare uno degli insegnamenti di Tocqueville presenti nella “Dottrina dell’interesse ben inteso”: l’interesse individuale coincide con l’interesse di tutti, e pertanto nella redistribuzione continuativa del reddito individuale si manifesta la solidarietà della società civile a sostegno del reddito di quella parte di collettività particolarmente colpita dalle conseguenze economiche della pandemia. Un esempio di solidarietà dal basso che finora ha raccolto oltre 30mila euro e un centinaio di aderenti. Una pratica sociale che sostanzia il vecchio adagio gramsciano dell’ottimismo della volontà: nell’attesa del Godot istituzionale, la solidarietà sociale, eppur si muove.
Questo articolo è stato scritto da Paolo Graziano per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.
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