Ae n.265, dicembre 2023

Per non rimanere senza casa e senza futuro.

Solo il 20% della popolazione vive in affitto, ma qui si concentrano le fasce più vulnerabili. Manca una politica pubblica e investimenti coerenti sull’abitare

 

Quando parliamo di questione abitativa facciamo riferimento a una molteplicità di istanze e bisogni che si articolano attorno alla casa, che comprendono sia l’adeguatezza dell’alloggio sia la qualità del contesto territoriale in cui è inserito. L’espressione sottolinea inoltre il disagio vissuto da quanti non trovano risposte in termini di sostegno all’accesso alla abitazione. In Italia la questione abitativa era già (ri)emersa negli anni Duemila e si è acuita con la crisi economica e occupazionale innescata dalla pandemia da Covid-19. Alle situazioni di fragilità a cui tradizionalmente erano rivolte le politiche della casa se ne sono aggiunte di nuove e diversificate, che hanno riguardato fasce più ampie di popolazione per le quali le condizioni abitative e gli oneri economici connessi all’abitare rappresentano un fattore di vulnerabilità sempre più rilevante.
Alcune cifre possono essere utili a inquadrare la situazione. In Italia il 70,8% delle famiglie vive in una casa di proprietà, il 20,5% in affitto e l’8,7% dispone di un’abitazione in usufrutto o a titolo gratuito. Questo dato -che apparentemente può risultare neutro o essere letto come un indicatore di benessere- in realtà nasconde una serie di contraddizioni. In primo luogo, perché non dice nulla dei valori immobiliari, profondamente diseguali sul territorio italiano: tra centro e periferia, tra città e aree rurali, tra Nord e Sud del Paese.
Allo stesso tempo fa emergere quanto la proprietà privata sia stata incentivata sia rispetto all’affitto, sia agli investimenti pubblici. Questi ultimi non si traducono solo nella realizzazione di robusti programmi di edilizia residenziale pubblica per le fasce deboli della popolazione, ma un più generale investimento statale nell’abitare utile a controbilanciare il mercato privato delle locazioni.
Analizzando invece i dati sull’affitto, vediamo innanzitutto che è diffuso soprattutto tra i nuclei meno abbienti: il 31,8% nel quintile più povero. Chi paga un canone di locazione sono soprattutto le famiglie di più recente costituzione, il 35,5% di quelle in cui il principale percettore di reddito è disoccupato e il 68,5% di quelle in cui è presente almeno un cittadino di origine straniera. Un dato che sale al 73,8% per le famiglie composte interamente da stranieri, tra le quali poco più di una su dieci vive in una casa di proprietà.

2,5
Milioni di famiglie spendono per le spese relative all’abitare una quota di reddito pari o superiore al 40%.

 

L’incidenza delle spese per l’abitazione è ovviamente più alta per chi vive in affitto, arrivando a quasi un terzo del reddito (27,9%). Le famiglie “in sovraccarico”, quelle per cui questa incidenza è uguale o superiore al 40%, sono quasi 2,5 milioni, pari al 9,9% del totale a livello nazionale.
In questo contesto dobbiamo poi aggiungere il fatto che dalla fine degli anni Settanta si è sostanzialmente chiusa la stagione dell’edilizia residenziale pubblica, che oggi conta un totale di circa 800mila alloggi. Appena il 4% del patrimonio abitativo nazionale, molto al di sotto rispetto ad altri Stati europei: in Francia la quota è del 16%, nel Regno Unito del 17,6% mentre in Paesi come l’Olanda o l’Austria supera il 20%. Al contesto italiano bisogna poi aggiungere il fatto che di tutto il patrimonio pubblico utilizzabile solo l’86% è assegnato (una quota significativa è infatti sfitta o occupata abusivamente) e più di un appartamento su due tra quelli utilizzati richiederebbe interventi di riqualificazione.
Un tale scenario impone l’esigenza di una rinnovata attenzione pubblica e robusti investimenti sull’abitare, in un contesto in cui l’emergenza abitativa tocca nuove fasce, come ci ha ricordato lo slogan del recente movimento degli studenti universitari contro il caro affitto: senza casa, senza futuro.

 

Questo articolo è stato scritto da Sonia Paone per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.

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