pensioni

SOCIAL COHESION PAPER n.1 – dicembre 2017 – Di Michele Raitano, Università di Roma “La Sapienza”

Da quando, nel lontano 1995, il sistema previdenziale italiano ha iniziato ad abbandonare con estrema gradualità la formula di calcolo retributiva – che prevedeva una pensione legata al numero di anni di attività e alle retribuzioni percepite al termine della carriera – per sostituirla con quella contributiva – in cui la prestazione è ancorata al totale dei contributi versati lungo l’intera carriera e all’età (sempre più alta) pensionabile – la sfiducia dei più giovani verso il futuro che li attende da pensionati sembra aumentata. “Che paghiamo a fare i contributi, tanto non avremo mai la pensione” e “anche se versiamo i contributi, saremo costretti a passare una vecchiaia in povertà, visto che le nostre pensioni saranno da fame” rappresentano di fatto il sentire comune.

In questo lavoro si perciò intende ragionare, da una parte, su quanto siano effettivamente fondati questi timori e, dall’altra, su come si può intervenire per migliorare le prospettive dei futuri pensionati – un tema, peraltro, recentemente entrato nel dibattito pubblico con l’avvio della cosiddetta Fase 2 della riforma delle pensioni.

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