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FACT SHEET n.5 – Giugno 2017 – Di Patrik Vesan, Università della Valle d’Aosta

Le politiche attive del lavoro costituiscono un insieme composito di interventi che fanno riferimento ai servizi per l’impiego, alla formazione, alla creazione diretta di posti di lavoro, agli incentivi per l’impiego e all’autoimprenditorialità, fino al sostegno all’occupazione per persone con ridotta capacità lavorativa. Si tratta della dimensione delle politiche del lavoro italiane che appare meno sviluppata. L’atrofia di questi interventi è evidente soprattutto nel confronto con altri Paesi europei. Infatti, se consideriamo infatti la spesa per disoccupato nel corso degli anni, è possibile notare l’andamento decrescente degli investimenti nelle politiche attive, con un ampliamento della distanza rispetto ai valori medi europei a fronte di un aumento delle misure di sostegno al reddito in caso di disoccupazione – si veda specialmente nella tabella 1 l’andamento del dato italiano in rapporto (%) rispetto al valore UE-15.

Tabella 1. Spesa per politiche del lavoro in Italia – valori in Euro (standard di potere di acquisto – pps) per disoccupato e come percentuale della media europea (EU-15=100, senza l’Italia)

1995-199*

2000-2004

2005-2009

2010-2013

Misure di sostegno al reddito in caso di disoccupazione

Euro

       9,394

     12,335

     19,157

     16,940

EU-15=100

 29%

 31%

 57%

 66%

Politiche attive del lavoro

Euro

    3,013

       4,907

      4,578

       2,653

EU-15=100

 27%

 31%

 30%

 19%

  Fonte: Ronchi e Vesan (2017)

Peraltro, osservando il trend altalenante della spesa per i principali strumenti di attivazione (Fig. 1), nel 2015 si registra un incremento dovuto soprattutto agli incentivi all’occupazione introdotti dal governo Renzi con riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato.

Figura 1. Spesa per le politiche attive del lavoro in Italia, valori in percentuale sul Pil

Fonte: nostra elaborazione a partire da dati Eurostat- Labour Force Survey consultati il 10.4.17

La scomposizione della spesa per le politiche attive del lavoro in Italia rivela, inoltre, aspetti interessanti se raffrontata con quella di altri Paesi. La figura 2 distingue gli investimenti rivolti ai servizi per l’impiego dalle altre politiche attive del lavoro, mettendo in evidenza le scelte operate da Francia e Germania. Al di là dei maggiori compiti attribuiti in questi due Paesi ai servizi per l’impiego, in Italia solo un decimo della spesa complessiva per le politiche attive del lavoro è ad essi riservata. Al contrario, la spesa per i servizi arriva a circa un quarto del totale in Francia, mentre in Germania supera di poco il 57 per cento, a fronte di un esborso per le altre politiche attive che si è ridotto negli anni in maniera significativa (-140 per cento dal 2006 al 2015).

Figura 2. Macro-distribuzione della spesa per le politiche attive in tre Paesi – 2015grafici_figura2Fonte: nostra elaborazione a partire da dati Eurostat- Labour Force Survey consultati il 10.4.17

Passando al dettaglio delle misure di attivazione, le differenze in termini di strategie nazionali emergono in modo netto. Dalla figura 3 si evince, infatti, come la spesa per politiche attive in Italia sia fortemente sbilanciata a favore degli incentivi al lavoro (circa il 50 per cento della spesa complessiva) rispetto a Francia e Germania, dove tale voce ricopre valori inferiori al 5%. La formazione, che in Italia rappresenta la seconda voce di spesa, si assesta invece su valori simili alla Francia (circa il 36 per cento) e di poco superiori alla Germania (32 per cento). Altre differenze significative riguardano infine la creazione diretta di posti di lavoro che rappresenta un’uscita importante in Francia (circa il 22 per cento), ma non in Italia e Germania e, come precedentemente osservato, i servizi per l’impiego per i quali l’investimento rapportato al Pil in Italia è pari a circa il 12 per cento di quello tedesco e al 18 per cento di quello francese.

Figura 3. Ripartizione della spesa per le politiche attive in Italia, Germania e Francia – 2015, valori in percentuale sul totale della spesa

Fonte: nostra elaborazione a partire da dati Eurostat- Labour Force Survey consultati il 10.4.17

In sintesi, anche se non è sempre possibile cogliere la natura e gli obiettivi intrinseci dei singoli modelli nazionali di politiche attive del lavoro a partire dalla semplice analisi delle voci di spesa, appare evidente come l’Italia tenda a privilegiare interventi di attivazione “pro-mercato”, di più facile realizzazione e a vantaggio anche del datore di lavoro. Al contrario, il dato sulla spesa in formazione, sostanzialmente in linea con Germania e Francia, solleva interrogativi rispetto alla qualità degli interventi posti in essere.

Per saperne di più:

Bonoli, G. (2013). The origins of active social policy: Labour market and childcare policies in a comparative perspective. Oxford University Press.

Clasen, J, Clegg, D e Goerne, A. (2015). Comparative social policy analysis and active labour market policy: Putting Quality before Quantity, Journal of Social Policy, vol. 45, no. 1, pp. 21-38.

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