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NOTA n.6 – Novembre 2022 – Di Pablo Bustinduy e Matteo Jessoula, Università degli Studi di Milano

In Spagna, il primo governo di coalizione della storia democratica post-franchista ha dovuto affrontare una serie di sfide economiche e sociali senza precedenti. La ferita inferta dalla crisi del 2008 è stata infatti profonda: attualmente, la Spagna presenta il più elevato tasso di disoccupazione dell’intera zona euro (12,4%), e il governo ha ereditato uno dei livelli di debito pubblico più alti d’Europa, un mercato del lavoro condizionato da contratti di breve durata, elevata segmentazione e precarietà, nonché tassi allarmanti di povertà ed esclusione sociale.

A queste difficoltà strutturali si sono aggiunti la debolezza parlamentare del governo, sostenuto da una maggioranza composta soltanto da 155 deputati su 350 e, solo due mesi dopo la sua entrata in carica, lo shock generato dalla pandemia su un’economia fortemente dipendente dal turismo e dalla domanda interna.

Dopo i durissimi anni dell’austerità e una fase di profonda instabilità politica nel paese, il governo di minoranza formato da Partito Socialista (PSOE) e Unidas Podemos[1] ha perciò fatto di una svolta radicale rispetto alle politiche del decennio precedente la propria bandiera.

In particolare, l’agenda di governo è stata plasmata dalla volontà di sviluppare uno “scudo sociale” in grado di proteggere il tessuto produttivo del paese e le condizioni di vita dei ceti meno abbienti. Gli schemi di tutela dei lavoratori in caso di riduzione dell’orario (gli ERTE, simili alla cassa integrazione italiana, che hanno coperto oltre il 20% dei lavoratori del paese nell’anno 2020) sono stati accompagnati di una serie di misure sociali innovative finalizzate a colmare le lacune storiche del sistema di protezione sociale spagnolo. Tra queste si contano la creazione del Reddito Minimo Vitale –  Ingreso Minimo Vital, IMV, cioè un reddito minimo nazionale contro la povertà, che va ad aggiungersi ai redditi minimi esistenti a livello regionale – il divieto di licenziamento per ragioni di salute, il blocco provvisorio degli sfratti per coloro che non hanno un alloggio alternativo, la garanzia della fornitura di energia in caso di morosità, un “raffreddamento” della dinamica degli affitti con la definizione di un limite anno pari al 2%.

Per il loro carattere emergenziale molte di queste misure hanno incontrato importanti difficoltà tecniche e limiti di applicazione, per cui una migliore messa a punto delle stesse resta una delle principali sfide per il governo. L’attuazione dell’IMV, ad esempio, è stata lenta anche a causa di una procedura d’accesso complessa e farraginosa che ha dovuto essere oggetto di modifiche. Oggi, in virtù di questi miglioramenti, si stima che la nuova prestazione assistenziale sia stata erogata a più di 1,4 milioni di beneficiari.

Queste misure di emergenza hanno alterato lo sviluppo dell’agenda socioeconomica del governo, che è andata strutturandosi attorno a tre grandi assi. Il primo asse ha riguardato il mercato del lavoro e la distribuzione dei redditi. Sotto la pressione della crisi pandemica, il governo ha rilanciato convintamente il dialogo sociale, che ha portato a 13 grandi accordi tripartiti tra il 2019 e il 2021. Il risultato più importante della nuova stagione di concertazione sociale è stata la riforma del mercato del lavoro, approvata per un solo voto grazie all’errore di un deputato della destra in una drammatica sessione parlamentare. I risultati della riforma sono stati spettacolari: i contratti di lavoro a tempo indeterminato sono passati in soli sei mesi dal 10% al 50% dei nuovi contratti, mentre la disoccupazione ha raggiunto il livello più basso degli ultimi 14 anni, riducendosi di oltre 1.100.000 persone negli ultimi 16 mesi e scendendo sotto i 3 milioni per la prima volta dal 2008. Il tasso di disoccupazione è sceso dal 16,3% nel dicembre 2020 all’attuale 12,4%, mentre l’occupazione è in crescita, dal 65.7% (2020) al 67.7% (2021).

La forte ripresa dell’occupazione ha anche reso possibile un’ambiziosa politica di protezione del potere di acquisto delle pensioni, con una rivalutazione straordinaria del 15% per le pensioni non contributive e un incremento della pensione media dai 995 euro/mese di dicembre 2019 ai 1.091 euro/mese nell’agosto 2022. Sostenibilità e finanziamento del sistema pensionistico, insieme a bassi salari medi e difficoltà di accesso per i giovani, restano però sfide ancora aperte associate al mercato del lavoro in Spagna.

L’altra iniziativa centrale in materia di politiche del lavoro e dei redditi ha riguardato il salario minimo, diventato cavallo di battaglia nella politica di distribuzione dei redditi del governo di coalizione. Il salario minimo è salito da 735 euro al mese nel 2018 (in 14 mensilità annue) a 1.000 euro al mese nel 2022 con un incremento del 35,8%. Gli aumenti sono in linea con l’obiettivo di raggiungere il 60% del salario netto medio alla fine della legislatura nel 2023. Oltre 2 milioni di lavoratori e lavoratrici hanno visto i loro redditi aumentare per effetto di queste misure: la percentuale delle famiglie con redditi inferiori a 1.000 euro/mese è passata dal 19,7% nel 2018 al 14,8% nel 2021, mentre il divario di genere si è ridotto di quasi tre punti. Importante al riguardo, come detto sopra, il fatto che sul mercato del lavoro non si siano registrati effetti negativi rispetto alle dinamiche occupazionali.

Forte di quest’esperienza, il governo spagnolo ha adottato altre misure innovative in materia di protezione del diritto al lavoro. Fra di esse la cosiddetta Legge Rider, che per la prima volta regola in modo specifico i rapporti di lavoro nell’economia delle grandi piattaforme digitali, stabilendo un diritto specifico di informazione sugli algoritmi che regolano le attività lavorative, e creando una Commissione ad hoc con l’obiettivo di regolare l’impatto sul mondo del lavoro dell’Intelligenza Artificiale.

Il secondo asse nell’agenda di governo riguarda il rafforzamento dei diritti civili e sociali con un’intensa attività legislativa d’ispirazione femminista. In questo senso, la recente approvazione della Legge Soltanto sì è sì sviluppa un’ambiziosa strategia per la protezione della libertà sessuale delle donne e tutela contro la violenza. Il congedo lavorativo di 3 giorni nel caso di dolori incapacitanti per le donne, la garanzia del diritto all’aborto nel sistema sanitario pubblico, la Legge Trans e per i diritti LGTBI, l’estensione a 16 settimane (di cui le prime 6 obbligatorie) dei congedi di maternità e paternità (paritari, retribuiti al 100% e non trasferibili tra i genitori),  il riconoscimento dei contributi previdenziali per le donne che svolgono attività non professionali di cura, nonché il finanziamento delle iniziative racchiuse in un nuovo patto contro la violenza di genere, rappresentano le misure principali di un’azione di governo volta a trasformare in profondità l’azione politica e sociale dello Stato[2].

A queste misure si aggiungono altre iniziative in materia di istruzione, come l’incremento del 22% dell’importo delle borse di studio, l’estensione della rete pubblica per l’istruzione 0-3 anni, la riduzione delle tasse universitarie, la creazione di un bonus cultura di 400 euro una tantum per le 500.000 persone che diventeranno maggiorenni nel corso del 2022, e la nuova legge di protezione dell’infanzia e la gioventù, che stabilisce nuove garanzie dei diritti fondamentali dei bambini proteggendone il libero sviluppo della loro personalità contro ogni tipo di violenza fisica e piscologica.

Il terzo asse di politica sociale riguarda, infine, la lotta contro l’inflazione e la mitigazione delle conseguenze del ritorno della guerra in Europa. Tra le misure adottate dal governo, alcune hanno suscitato un acceso dibattito, come lo sconto universale di 20 centesimi/litro sul prezzo della benzina alla pompa – misura molto criticata per il suo carattere indiretto ed universale oltre che dai gruppi ecologisti per essere in contraddizione con gli obiettivi di transizione energetica fissati dalla nuova legge di cambiamento climatico. Il governo inoltre anche disposto la gratuità dei trasporti ferroviari urbani e regionali fino alla fine dell’anno, un bonus una tantum di 200 euro alle famiglie con redditi inferiori a 14.000 euro annui, e un bonus di 100 euro mensili aggiuntivi per i beneficiari di borse di studio. Queste misure dovranno essere finanziate tramite prelievi fiscali straordinari sui windfall gains delle grandi aziende elettriche e finanziarie – ad oggi ancora oggetto di discussione parlamentare. Nonostante ciò, le conseguenze del conflitto in Ucraina restano una potenziale fonte di ulteriori sfide sociali. Nell’estate 2022, l’inflazione annua è salita oltre il 10% a fronte di un incremento medio dei salari pari a solo 2,56% fino a luglio 2022. In assenza di interventi più ambiziosi sulla distribuzione dei redditi e sul sistema di fissazione dei prezzi dell’energia – anche a livello europeo – la capacità di compensazione delle misure adottate dal governo spagnolo rischia perciò di essere fortemente ridotta.

Alle sfide dovute al contesto geopolitico si aggiungono, tra l’altro, fattori di natura domestica che minacciano di rafforzare l’immagine di un esecutivo incapace di controllare il ritmo della propria azione politica. L’instabilità del sistema partitico spagnolo – ancora in fase di ri-strutturazione dopo un decennio di trasformazioni assai profonde – ha infatti registrato una robusta polarizzazione del quadro politico, con i partiti della destra (forti di una serie di ampie vittorie elettorali nei comizi regionali di Madrid, Castiglia Leon, e Andalusia) che si sono impegnati in una campagna di mobilitazione contro il governo. Alla stabilità politica non giovano poi, ovviamente, le tensioni tra i partiti della coalizione di centrosinistra, divenute esplicite su alcuni temi fondamentali come il salario minimo, la riforma del lavoro, e due questioni non risolte che nei prossimi mesi risulteranno centrali per il governo: la protezione del potere di acquisto dei cittadini e un’ambiziosa riforma del sistema fiscale.

Come partner principale della coalizione, il PSOE controlla infatti il Ministero dell’Economia, che presenta posizioni più ortodosse in materia fiscale e macroeconomica, mentre il Ministero del Lavoro – responsabile del dialogo sociale, delle politiche del lavoro e sociali, oltre che della politica dei redditi – è in mano a Yolanda Diaz, di Unidas Podemos, che ha disegnato proposte decisamente più robuste in senso redistributivo. In questo quadro, entrambi i partiti della coalizione mirano ad attribuirsi il merito per i risultati raggiunti sul terreno della coesione e dell’inclusione sociale, in una competizione per il sostegno degli elettori di centrosinistra che però suscita – nel contesto di tensioni e disaccordi pubblici appena delineato – una percezione generale di divisione e conflitto.

Un sondaggio realizzato nel mese di gennaio 2022 dalla società 40db per il giornale El Pais mostra infatti una realtà paradossale. Le principali misure del governo di coalizione in materia di politica socioeconomica hanno suscitato il sostegno di ampie maggioranze sociali, con livelli di gradimento che oscillano dal 62% per il salario minimo, al 60% per gli ERTE, 54% per l’IMV, fino al 39% per la riforma del lavoro, ma l’immagine generale resta quella di un governo debole e diviso, la cui azione favorisce principalmente le grandi imprese (per oltre il 60% degli intervistati) rispetti ai lavoratori (25% delle risposte). Questa contraddizione rappresenta una sfida difficile da affrontare, che rischia di nuocere ad entrambi i partner di governo in prospettiva elettorale. La svolta socialdemocratica che informa il programma del governo di coalizione richiede infatti la creazione di uno spazio ideologico e di un orizzonte politico condiviso che finora non si sono delineati con chiarezza, nonostante le importanti misure adottate.

Esistono però ancora grandi opportunità in materia di politica sociale. Nel quadro del Next Generation Fund, ad esempio, il governo ha recentemente presentato un nuovo Piano Strategico di Economia Sociale con una dote di 800 milioni di euro, insieme alla Strategia Spagnola di Economia Sociale 2021-2027, che mira a rafforzare un settore che rappresenta ormai quasi il 10% del PIL e stabilisce la cura delle persone come obiettivo strategico fondamentale per l’azione di governo. Nei prossimi anni, resta dunque aperta la possibilità di consolidare trasformazioni strutturali della politica sociale spagnola, finalizzate ad una maggiore equità e coesione sociale. Per riuscirci servirà la messa in campo di una chiara volontà e strategia politica in un tempo segnato dalle crisi e da una radicale incertezza rispetto al futuro. Il destino del governo e della coalizione di centrosinistra resta connesso a doppio filo alla capacità di cooperazione tra i due partner, non solo per definire un nuovo spazio ideologico nella mappa politica europea, ma anche per metterne in atto i principali provvedimenti con efficacia e determinazione.

 

Bibliografia

‘Un nuevo acuerdo para España’, programma del governo di coalizione, 2019.

Analisi dello sviluppo di 100 misure del patto di governo, 2022.

Chequeo al gobierno: las leyes estrella siguen pendientes a un año de las generales

Progetto di Legge Bilancio 2023

 

Los ERTE en la crisis del Covid19: un primer análisis de la reincorporación al empleo de los trabajadores afectados, Banco de España, Boletín Económico 2/2021

Sondaggio 40DB sulle misure del governo contro l’inflazione, Ottobre 2022

Sondaggio 40DB sulle principali misure economiche e social del governo, Gennaio 2022

 

 

Per saperne di più:

Jessoula, M. e P. Bustinduy, La sinistra e la lotta alla precarietà, che cosa insegna il caso spagnolo, Altreconomia, 09/2022

Spagna, corrono ancora i contratti stabili, La Repubblica, 3/06/2022

Dati sulla disoccupazione in Spagna

Le pensioni in Spagna

 

[1] Unidas Podemos (trasformazione, nel 2019, della precedente alleanza del 2016 Unidos Podemos) è un’alleanza elettorale tra Podemos, creato nel 2014, e le forze della sinistra storica concentrate attorno al partito federale Izquierda Unida.

[2] Recentemente, a quest’agenda si è aggiunta la ratifica della convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro n. 189 sui diritti delle lavoratrici e dei lavoratori domestici.

 

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