Ae n.212, febbraio 2019
Marginale nell’agenda dei governi europei, la “povertà energetica” è un fenomeno largamente diffuso.
Un’Alleanza europea punta a contrastarla.
La Commissione europea stima che oltre 50 milioni di famiglie nell’Unione si trovino in una condizione di povertà energetica: trattasi dell’impossibilità di accedere a quei servizi energetici necessari a garantire un livello di benessere appropriato -riscaldamento, illuminazione e climatizzazione- così come all’energia necessaria per cucinare e azionare gli apparecchi elettici. In senso lato, il termine può indicare anche l’impossibilità di fruire di mezzi di comunicazione di massa. Studi indipendenti, fondati su indicatori diversi da quelli utilizzati dalla Commissione, riportano un fenomeno molto più ampio, che coinvolgerebbe oltre 120 milioni di persone. Di certo si sa che nel 2016 l’8,7% della popolazione europea non è stata in grado di mantenere una temperatura adeguata nella propria casa, l’8,1% ha accumulato arretrati nel pagamento delle bollette elettriche e il 15,4% ha vissuto in abitazioni con tetti, muri, finestre o pavimenti precari. La povertà energetica in Europa non è questione solamente di accessibilità, ma anche di economicità. Si stima infatti che, tra il 2000 e il 2014, la percentuale di spesa domestica dedicata ai servizi energetici sia cresciuta dal 6% al 9% tra i cittadini europei più economicamente svantaggiati, a fronte dell’1% di incremento per il totale della popolazione nello stesso periodo. Il fenomeno colpisce in maniera più intensa pensionati, anziani, persone con disabilità, lavoratori precari, genitori single e persone il cui reddito dipende largamente da forme di assistenza sociale. Quella energetica si caratterizza, inoltre, come una forma peculiare di povertà.
50 milioni: le famiglie europee in condizioni di povertà energetica secondo una stima della Commissione europea
Un reddito basso limita infatti la capacità di provvedere appieno al fabbisogno energetico domestico, ma non tutti coloro che versano in condizioni di povertà energetica sono allo stesso tempo poveri nel senso monetario del termine. Sulla capacità di accesso ai servizi energetici influiscono considerevolmente anche altri fattori, come l’aumento dei prezzi di risorse quali gas ed elettricità e il livello di efficienza energetica degli edifici. Abitare in una casa poco isolata dal punto di vista termico forza chi vi risiede a spendere cifre molto elevate per riscaldarla. Non solo, ma la povertà energetica è spesso associata a gravi disturbi cardio vascolari e respiratori, a stress e ansia. Chi ne soffre è esposto a forte rischio di esclusione sociale, anche dovuto al possibile peggioramento della propria performance scolastica o lavorativa. Inoltre, la maggiore diffusione di fonti energetiche “non pulite” tra le fasce sociali meno abbienti ha conseguenze ambientali deleterie, legate al cambiamento climatico, alla deforestazione e al degrado territoriale. Contrastare la povertà energetica è dunque una priorità. Per questo nel 2017 è nata la “Right to Energy for All Europeans” (righttoenergy.org): coalizione di associazioni e gruppi di interesse europei, tra cui sindacati e Ong attive nel campo sociale ed energetico-ambientale. Tra le proposte avanzate ci sono il riconoscimento dell’accesso all’energia quale diritto umano, il divieto di disconnettere i consumatori morosi, la garanzia di un livello minimo di energia per tutti, il supporto alle “comunità energetiche rinnovabili” e la promozione di iniziative volte a migliorare l’efficienza energetica domestica per i cittadini meno abbienti. Se uno degli obiettivi dei prossimi decenni è la costruzione di welfare states sostenibili sia sul piano sociale ed economico sia su quello ambientale, queste esperienze possono risultare di primaria importanza.
Questo articolo è stato scritto da Matteo Mandelli e da Matteo Jessoula per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.
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