social_cohesion_notes

Social Cohesion Note n.3 – Maggio 2018. Di Francesca Forno, Università di Trento e Paolo Graziano, Università di Padova

Le forme del consumo responsabile
La responsabilità nelle scelte di consumo è di fondamentale importanza per la sostenibilità, sia sotto il profilo ambientale (tutela ambiente) sia sotto il profilo sociale (tutela del lavoro e sostegno alle piccole realtà produttive indipendenti). Ciò è ancora più vero nelle cosiddette “società dei consumi”, il cui modello economico si basa sull’incessante produzione e acquisto di merci. Scegliere consapevolmente cosa acquistare e cosa non acquistare ha assunto sempre di più i connotati di un’azione politica. Acquistare un bene, e non un altro, significa infatti scegliere di sostenere un tipo di economia e un tipo di relazioni sociali e, dunque, di società. A livello internazionale sempre più attenzione viene rivolta al consumo responsabile, come attesta l’obiettivo numero 12 dei Sustainable Development Goals (SDG) che si prefigge di “Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo” e in particolare la specificazione contenuta nella Risoluzione adottata dall’Assemblea della Nazioni Unite secondo cui ci si accerterà che entro il 2030 “tutte le persone, in ogni parte del mondo, abbiano le informazioni rilevanti e la giusta consapevolezza dello sviluppo sostenibile e di uno stile di vita in armonia con la natura” (pag. 21). Sebbene con un certo ritardo rispetto agli altri paesi europei, e in particolare ai paesi dell’Europa del Nord, anche in Italia le pratiche di boicottaggio e di buycottaggio si sono diffuse negli anni, contribuendo a far nascere nuove organizzazioni e reti di organizzazioni che non solo hanno saputo estendere le forme di intervento dei cittadini nella vita politica, ma hanno dato avvio a vere e proprie ‘innovazioni sociali’ o ‘laboratori di altra economia’. A titolo d’esempio si possono menzionare i bilanci di giustizia, le banche del tempo, la finanza etica, le reti e i distretti di economia solidale.

Sebbene alcuni studi recenti abbiano messo in evidenza la diffusione e diversificazione delle forme del consumo responsabile, tuttavia, troppo spesso mancano dati longitudinali che consentano un’accurata comparazione tra la situazione attuale e il passato. Per tale ragione, i risultati di un sondaggio commissionato dall’Osservatorio per la Coesione e l’Inclusione Sociale (OCIS) condotto dalla SWG[1] all’inizio di Febbraio 2018 sono invece illuminanti, in quanto permettono un confronto con i risultati rilevati nel 2002 da un analogo sondaggio realizzato nell’ambito dell’Ottavo Rapporto IREF sull’associazionismo sociale in Italia (novembre 2002).
[1] Indagine svolta il 9 febbraio 2018 con metodologia CAWI su un campione di 1.000 cittadini italiani maggiorenni, con quote proporzionali alla distribuzione della popolazione per genere, classi d’età e zona di residenza.

Una crescita lenta, ma inesorabile: alcuni dati
Il confronto tra i dati del 2002 e del 2018 evidenzia come ci sia stato un notevole aumento del numero di cittadini che adottano pratiche di consumo responsabile (Figura 1). I due questionari permettevano inoltre di distinguere tra diverse forme di consumo responsabile: il consumo critico, gli acquisti presso il circuito del commercio equo e solidale, la sobrietà volontaria, il turismo responsabile e la partecipazione a Gruppi di Acquisto Solidale.
Come si vede dalla Fig. 1, le persone che hanno adottato (anche solo temporaneamente) scelte di consumo critico – cioè che hanno comperato beni e servizi da imprese che rispettano il divieto di sfruttare il lavoro minorile, non inquinano l’ambiente devolvono una parte del loro surplus a fini di beneficienza) – sono passate all’11,3% al 30,3%. Le persone che hanno acquistato (anche solo sporadicamente) generi del commercio equo e solidale sono aumentate dal 16,3% al 37,3%, mentre il numero di persone che ha ispirato le proprie scelte di consumo ad uno stile di sobrietà (cioè comperato beni e servizi facendo attenzione al consumo energetico e al fatto che producono pochi rifiuti) è quasi quintuplicato: dal 10,5% al 51,7%. Infine, i turisti responsabili (cioè turisti che si propongono di limitare i viaggi nei paesi non democratici, di entrare in contatto con gli usi e i costumi dei paesi poveri, di far conoscere l’attività dell’economia solidale locale) sono passati dallo 0,2% al 7,5%, e gli aderenti ai Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) sono il 10,6% (nel 2002 il dato non era stato rilevato, in quanto questo tipo di gruppi mobilitava ancora un numero molto limitato di persone).

Figura 1: Il consumo responsabile. Confronto 2002-2018

Consumo
critico

 Commercio Equo
e solidale

  Sobrietà

  Turismo
sostenibile

    Spesa collettiva
tramite Gas

Non conosco

54

36,8

29,7

57,9

60,4

Non mi interessa

15,7

25,9

18,7

34,6

29

Si

30,3

37,3

51,6

7,5

10,6

Tot.

100

100

100

100

100

Fonte: Sondaggio OCIS-SWG, 9 febbraio 2018; Iref, Ottavo rapporto sull’associazionismo italiano, 2002.

Il confronto tra le due rilevazioni permette inoltre di evidenziare un altro elemento di particolare importanza che riguarda le ragioni di chi non ha adottato scelte di consumo responsabile (Tabella 1). Oltre ad una percentuale abbastanza costante di chi non l’ha fatto perché non interessato (oscillante dal 15,7% del consumo critico al 34,6% relativo al turismo responsabile), vi è una percentuale molto elevata (fino al 57,9% del turismo responsabile) di chi non ha adottato forme di consumo responsabile perché non le conosce. Un dato, questo,
che sottolinea come il consumo responsabile abbia ancora ampi margini di crescita se si aumenta l’informazione volta ad incrementare la consapevolezza degli impatti ambientali e sociali degli stili di vita e di consumo.

Tabella 1: Percentuale adozione e conoscenza delle diverse forme di consumo responsabile, 2018 (valori %)

Fonte: Sondaggio OCIS-SWG, 9 febbraio 2018.

 

Potenziare il consumo responsabile e l’economia eco-solidale
Prendendo le mosse dagli obiettivi ONU relativi allo sviluppo sostenibile, sembra ormai ineludibile che l’economia eco-solidale – sostenuta da comportamenti sempre più consapevoli di consumo responsabile – debba essere sostenuta e diffusa. A tal fine, i dati sopra illustrati forniscono alcune indicazioni molto utili per le politiche pubbliche locali e nazionali.

1) In primo luogo, è necessario sostenere un’azione volta ad aumentare l’informazione e educazione alla produzione e consumo responsabile, accompagnata da un sostegno a quelle modalità di acquisto che sono in grado di facilitare scelte di consumo sostenibile, ovvero alle diverse forme di piccola distribuzione organizzata – che vanno dalla vendita diretta, ai negozi di vicinato “green” ai Farmers’ markets – per esempio tramite affitti calmierati, abbattimento della tassa per occupazioni di suolo pubblico o lo sviluppo di piattaforme di comunità per l’acquisto e vendita di prodotti che rispettano ambiente e lavoro.

2) Inoltre, pare importante realizzare mappature partecipate che consentano anche una attività di monitoraggio nel tempo delle realtà di economia eco-solidale presenti sui territori (sul lato sia della produzione che su quello della distribuzione e del consumo) con l’intento di darne visibilità e facilitare la messa in rete di tali realtà, agendo quindi contemporaneamente sulle leve dell’informazione e della crescita di consapevolezza (si veda per esempio il progetto BergamoGreen realizzato dal Comune e dall’Università di Bergamo).

3) Infine, è fondamentale articolare forme di pressione istituzionale che renda la pubblica amministrazione – a più livelli – maggiormente consapevole e capace di riorientare le proprie politiche (ad iniziare da quelle che regolano i propri acquisti) a sostegno dell’economia eco-solidale.

Da sole, la consapevolezza e l’azione dei cittadini non sono sufficienti: è necessaria anche la consapevolezza e l’azione delle istituzioni.

Per saperne di più:
Francesca Forno e Paolo Graziano, Il consumo critico. Una relazione solidale tra chi produce e chi consumo, Bologna, Il Mulino.

http://www.economiasolidale.net/

https://comune-info.net/

Scarica il Social Cohesion Note in pdf

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *