SOCIAL COHESION PAPER n.3 – Luglio 2019 – Di Marcello Natili, Università degli Studi di Milano, Matteo Jessoula, Università degli Studi di Milano, Michele Raitano, Università di Roma “La Sapienza”, ed Emmanuele Pavolini, Università degli Studi di Macerata
Questo rapporto mira a fornire un’analisi approfondita dei livelli di spesa e delle trasformazioni in atto per quanto concerne le fonti di finanziamento del sistema di protezione sociale italiano, allo scopo di formulare una serie di considerazioni sullo stato di salute di quest’ultimo.
L’analisi poggia sull’utilizzo di una serie di indicatori più ampia di quella che normalmente viene utilizzata. In effetti, l’analisi della spesa sociale in percentuale del PIL – l’indicatore più spesso utilizzato nelle analisi di questo tipo – viene completata da alcuni indicatori alternativi: la spesa sociale ‘lorda’ invece di quella ‘netta’; la spesa sociale in termini assoluti rispetto a quella in percentuale del PIL; la spesa pro-capite rispetto a quella in percentuale del PIL.
L’utilizzo di questi indicatori consente di affermare, in primo luogo, che nel periodo 2005-16, in termini reali la spesa sociale è aumentata solo debolmente a livello comparato: osserviamo in effetti una crescita media annua pari all’1,2% rispetto al +1,9% nell’UE-28. Analizzando l’evoluzione della spesa sociale netta in percentuale del PIL, inoltre, emerge come la crescita sia dovuta soprattutto alla rilevante contrazione del PIL a seguito della crisi, prima economica poi fiscale, tra il 2008 e il 2014, più che a un aumento dei livelli di spesa in termini assoluti. In secondo luogo, emerge come l’Italia non sia, a livello comparato, un ‘big spender’; non si collochi, cioè, tra i paesi europei che destinano maggiori risorse alle politiche sociali. Al contrario, l’analisi comparata evidenzia l’esistenza di un problema di bassa spesa pro capite per diverse funzioni: sanità, famiglia e figli, in parte disoccupazione, politiche per la casa e assistenza sociale – anche se, per quanto riguarda quest’ultima funzione, l’introduzione del Reddito di Inclusione nel 2018 e del Reddito di Cittadinanza nel 2019 dovrebbero aver avvicinato l’Italia al resto dei paesi europei.
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