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Ae n.204, maggio 2018

Nonostante la grande recessione, i cittadini italiani, nelle loro scelte quotidiane, sono diventati più attenti alla sostenibilità.

Il consumo responsabile è uno dei modi per cercare di praticare la politica nel quotidiano attraverso un orientamento dei propri acquisti seguendo principi che siano altri rispetto ad una logica di mero risparmio. Negli ultimi anni, il mondo occidentale ha conosciuto nuove pratiche di consumo responsabile, dagli acquisti a chilometro zero al turismo sostenibile. Tuttavia, troppo spesso mancano dati longitudinali che consentano un’accurata comparazione tra la situazione attuale e il passato. Mettendo a confronto una rilevazione del 2002 e una recente ricerca condotta nell’ambito dell’Osservatorio per la Coesione e l’Inclusione sociale, che verrà presentata a Reggio Emilia in occasione del Festival della Coesione Sociale (Social Cohesion Days, 24-26 maggio 2018), possiamo comprendere più in dettaglio i cambiamenti occorsi nel contesto italiano. In entrambi i casi, il campione intervistato e rappresentativo della popolazione italiana con un’età superiore ai 18 anni.
Cominciamo dalle persone che nei 12 mesi precedenti l’intervista hanno adottato un comportamento di consumo critico, definito come acquisto di beni e servizi da imprese che evitano l’impiego di lavoro minorile, inquinano il meno possibile, devolvono una parte dei profitti a fini di beneficenza: nel 2002 gli italiani “consumatori critici” erano l’11,2% mentre nel (febbraio) 2018 sono il 30,3%. Anche rispetto agli acquisti effettuati nel circuito del commercio equo e solidale vi e un incremento notevole: dal 16,3 al 37,3%. Ancora più elevato e l’incremento dell’adozione di stili di vita sobri, seguiti cioè da persone che acquistano beni e servizi facendo attenzione al consumo energetico e al fatto che essi producano pochi rifiuti: dal 10,5% si passa al 51,7%. Pur partendo da un dato estremamente contenuto, anche il turismo responsabile ha conosciuto una crescita considerevole: dallo 0,2% al 7,4%, cosi come la partecipazione a gruppi di acquisto solidale, diffusi in poche unità nel 2002, riguarda nel 2018 il 10,6% degli intervistati, cioè circa 5 milioni di italiani maggiorenni.
Di grande interesse e pure il dato relativo alle persone che non hanno adottato comportamenti di consumo responsabile: solo una piccola parte non ha consumato in modo attento al lavoro e all’ambiente perché non ne aveva interesse (da un minimo di 15,9% rispetto al consumo critico ad un massimo di 34,6% per il turismo responsabile). La maggiore parte delle persone non definibili come “consumatori responsabili” non lo è perché non conosce tale forma di consumo: in questo caso si va da un minimo di 36,8% con riferimento al consumo equo e solidale al 57,9% degli intervistati che non conosce il turismo responsabile. In altri termini, a fronte della diffusione di maggiore informazione il margine di ulteriore incremento dei consumatori critici e notevole.
Il notevole sviluppo del consumo responsabile rilevato dai dati non può che essere una buona notizia, forse una delle poche buone notizie connesse alla grande recessione: i cittadini italiani, nelle loro scelte di consumo, sono diventati più attenti alla sostenibilità. E i margini di miglioramento potenziali potrebbero essere notevoli se si considera che ancora molti non conoscono le alternative e opportunità che offrono i circuiti dell’economia eco-solidale. Opportunità non solo per il proprio portafoglio, ma per tutti (ambiente compreso).

Questo articolo è stato scritto da Paolo Graziano e Francesca Forno per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.

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