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Uno dei principali pilastri della coesione sociale è la solidarietà. Ma come la si misura?
TransSOL è un’interessante ricerca finanziata dalla Commissione europea e realizzata da una rete di importanti università europee di cui fa parte, per l’Italia, l’Università di Firenze con il Dipartimento di scienze giuridiche. La ricerca è volta a identificare atteggiamenti e pratiche di solidarietà transnazionale in alcuni Paesi (Danimarca, Grecia, Svizzera, Italia, Regno Unito, Francia, Germania e Polonia). Sono già disponibili alcuni risultati sugli orientamenti e sulle pratiche solidali nel contesto italiano. Uno dei primi riguarda la solidarietà nei confronti dei migranti: alla domanda, posta ad un campione rappresentativo della popolazione italiana, “quando i migranti dovrebbero ottenere il diritto ai benefici sociali e ai servizi cui hanno accesso tutti i cittadini?”, le risposte sono state “immediatamente all’arrivo” (7,7% in Italia, 7% nel campione dei Paesi europei oggetto di analisi); “dopo aver vissuto un anno, avendo lavorato o meno” (6,5% e 8,9%); “dopo aver lavorato e pagato le tasse per un anno” (38,3% e 42,2% rispettivamente); “dopo aver ottenuto la cittadinanza” (35,7% e 29,9%) e “mai” (11,8% e 12%). Dividendo i gruppi in “molto solidali” (prima e seconda risposta), “solidali in modo condizionato” (terza e quarta risposta) e “per nulla solidali” (quinta risposta), emerge come gli italiani, in un contesto caratterizzato da una solidarietà complessivamente limitata, siano “molto solidali” nella misura del 14,2% (contro il 15,9% del campione europeo), “solidali in modo condizionato” nella misura del 74% (contro il 72,1% del campione europeo) e “per nulla solidali” nella misura dell’11,8% (contro il 12% del campione). Un’altra domanda che è stata rivolta al campione riguardava la disponibilità ad avere come vicini immigrati o lavoratori stranieri, persone che ricevono sussidi, disoccupati o disabili: al 34,4% degli italiani “spiacerebbe” avere come vicini immigrati/lavoratori stranieri (contro il 31,9% dei rispondenti europei), al 17,3% persone che ricevono sussidi (contro il 16,4%), al 13,3% disoccupati (10,6% per tutto il campione) e 10,9% disabili (5,9% nell’insieme dei Paesi).
Almeno tre insegnamenti si possono trarre dai dati: in primo luogo, la solidarietà varia notevolmente in funzione dell’oggetto della solidarietà stessa, e i migranti sono di gran lunga la categoria cui gli italiani sono più ostili; in secondo luogo, le risposte italiane sono ancora meno solidali delle già poco solidali risposte europee; infine, e forse vero elemento di speranza, emerge per molti (sia italiani, sia europei) un nesso tra solidarietà e partecipazione economica alla comunità sotto forma di lavoro, pagamento delle imposte o acquisizione della cittadinanza (la “solidarietà condizionata”). Nel complesso, la fotografia attuale dello “stato della solidarietà” in Europa è piuttosto preoccupante. A tal riguardo, i dati della ricerca TransSOL confermano impressioni già diffuse. Su cosa agire perché la solidarietà si rafforzi? Su due fronti: in prima battuta è indispensabile far accrescere la consapevolezza che le persone vulnerabili sono in stato di bisogno e parte della comunità delle cittadine e dei cittadini del mondo; inoltre, è indispensabile formulare politiche inclusive che prendano le mosse dalla valorizzazione della diversità e dall’imprescindibilità di un “patto sociale” fatto di diritti e di doveri sia da parte di chi accoglie, sia di chi viene accolto. Solo in questo modo faciliteremo la “co-esistenza”; l’alternativa è la dis-integrazione. Senza altri aggettivi.

Questo articolo è stato scritto da Paolo Graziano e Nicola Maggini per la rubrica mensile OCIS all’interno di Altreconomia.

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